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Data: 24/12/2012
Testata giornalistica: Il Messaggero
Nell’Agenda per l’Italia: nuova legge elettorale, riforma del lavoro e taglio al finanziamento dei partiti. Programma online: conflitto d’interessi e tasse più alte sui grandi patrimoni

Le pari opportunità al centro del discorso di Monti
«L’obiettivo deve essere occupazione femminile al 60%»

IL FOCUS
ROMA Venticinque pagine fitte fitte, immesse in rete poco prima delle 23. E questa non è l’unica sorpresa del testo dell’Agenda Monti che da una rapida lettura fa emergere, tra l’altro, alcune proposte fiscali che faranno discutere. In particolare quella di una tassa sui grandi patrimoni e «sui consumi che non impattano sul ceto medio». Ma è presto per capire se si tratti di una patrimoniale o di un aumento dell’Iva sui beni di lusso. Il testo - che comunque parla di ridurre il prelievo fiscale - offre maggiori certezze sulla necessità di varare «meccanismi di misurazione della ricchezza oggettivi e tali da non causare fughe di capitali».
Sul piano più strettamente politico si parla della legge elettorale come «primo atto della nuova legislatura». Con lo slogan «meno casta meno costi» Monti propone poi una drastica riduzione dei contributi pubblici ai partiti e ai gruppi parlamentari, con l'obbligo di bilanci trasparenti e un tetto ai finanziamenti privati. Molte pagine sono dedicate alla scuola («rimotivare gli insegnanti meritevoli»), ai conti pubblici («spendere meglio»), alla pubblica amministrazione («va ricostruita»). Nel complesso il testo risponde alle grandi linee delineate già in mattinata dal premier. Linee figlie di un’impostazione liberale e fortemente dinamica, che affondano le proprie radici in una nuova lettura degli effetti della crisi economica che l’Economist, punto di riferimento delle élites cosmopolite, ha lanciato poche settimane fa. La copertina del 13 ottobre della prestigiosa rivista britannica, citata ieri da Mario Monti, è infattil’equivalente di un manifesto politico-culturale. “The true Progressivism” ovvero “Il vero progressismo” è il suo titolo, perfetto trampolino di lancio del montismo. Di cosa si tratta? L’Economist lo spiega così: «Nel mondo globalizzato servono nuove forme di politiche radicali di centro per combattere l’ineguaglianza e battere la crisi». Il passaggio dell’Economist cui Monti pare essersi ispirato è quello dove si sottolinea che «né le ricette di destra, né quelle di sinistra sono capaci di uscire dalla crisi. Per la prima la disuguaglianza non esiste e per la seconda basta tassare i ricchi per mantenere il welfare. In entrambi i casi la povertà aumenta». Una lettura delle cose che, in chiave italiana, ha conseguenze a cascata. E infatti sembra emergere un’Agenda ordinata lungo quattro assi principali:.
L’ASSE POLITICO
Il primo è quello politico-sociale nel quale spicca l’obiettivo di un’Europa unita ma riformata con l’orizzonte di darle più potere per far ripartire la crescita. Per Monti l’Italia non ha futuro senza Europa.
Gli altri due punti di riferimento di questo segmento del programma montiano hanno connotazioni più sociali e riguardano il sindacato e le corporazioni professionali. Monti ribadisce di essere contrario alla concertazione con le parti sociali. Ora, dopo il recente «no» della Cgil al patto sulla produttività, Monti si spinge più in là. E nella sua agenda sottolinea che il sindacato dovrebbe dismettere «forme di difesa nobilmente arcaiche che finiscono per ritorcersi contro i lavoratori». Ma non c’è solo la Cgil nel mirino di Monti. Secondo cui, uno dei freni alla crescita italiana sta nelle mille corporazioni professionali che tendono a difendere le rendite di posizione di ogni categoria.
L’ECONOMIA
A dispetto della recessione, l’Agenda Monti sottolinea che in economia la stella polare è la crescita («Un problema più importante di quello del debito»). In questo contesto il professore sottolinea la necessità di tornare all’industria come motore della produzione della richezza e non si stanca di sottolineare che senza conti pubblici in ordine e con troppa evasione fiscale non ci può essere crescita. Per questo ha ribadito la contrarietà all’abolizione dell’Imu. Il «radicalismo centrista»è fatto anche di una radicale riforma del lavoro («Che elimini il dualismo fra garantiti e precari»), e di una dose massiccia di liberalizzazioni nel commercio e nelle professioni.
LE RIFORME
Il pacchetto di riforme radicali si articola sulla «ricostruzione della pubblica amministrazione» ma anche su un complesso di leggi che riducano la corruzione. E Monti dice di essere favorevole a una «robusta disciplina» in materia di conflitto di interessi. E a creare le condizioni per una nuova mentalità anche nella vita quotidiana degli italiani: per considerare davvero le donne pari agli uomini portando il loro tasso di occupazione al 60%. Altrimenti che rivoluzione è?

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