«Il percorso indicato dall’Agenda Monti è fondamentale per il rilancio. Su pensioni e mercato del lavoro si può intervenire ma senza stravolgimenti»
L’INTERVISTA
ROMA Elsa Fornero non ha dubbi sulla cosiddetta Agenda Monti: «Condivido il messaggio di fondo al 100%. Certo - dice il ministro del Welfare - su singoli aspetti si può discutere ma è un messaggio innovativo anche dal punto di vista politico perché non sposa un partito, non si fa partito ma offre una visione dell’Italia che mira ad aggregare le persone di buona volontà e le forze politiche interessate a questo programma. Non a caso è stato criticato da quelli che invece hanno una visione conservativa della politica legata all’esistenza stessa di un partito e non alla soluzione dei problemi del Paese».
In concreto questo cosa significa? Che per non disperdere il lavoro fatto da questo governo bisogna ispirarsi necessariamente al suo programma e anche al suo leader?
«Io penso che per i partiti sia più difficile disfarsi dell’abito mentale di fare campagne elettorali nelle quali soprattutto si promette. L’agenda Monti non fa facili promesse ma indica un percorso, ed è il percorso delle riforme strutturali del Paese che questo governo ha iniziato e che dovrebbero portare a un irrobustimento non solo della nostra economia ma della nostra società, anche sotto il profilo etico: mi riferisco alla corruzione e alla malapolitica».
Ma da quali parti politiche lei vede i pericoli maggiori?
«In queste settimane qualcuno promette di togliere l’Imu, senza indicare come la sostituirà, altri parlano troppo disinvoltamente di patrimoniale».
La patrimoniale c’è anche nell’agenda Monti...
«È vero, ma è una patrimoniale diversa, è un seguito dell’Imu. Ricordo benissimo quando in Consiglio dei ministri discutemmo di questa possibilità. Allora convenimmo che per fare una patrimoniale seria ed efficace serviva l’anagrafe dei patrimoni altrimenti si sarebbe colpito inevitabilmente il ceto medio che ha ricchezze più visibili e meno mimetizzabili. Tornando al ragionamento precedente, un conto è presentare una patrimoniale costruttiva, ossia come forma responsabile di risanamento dei conti pubblici; cosa diversa è presentarla come un atto di redistribuzione della ricchezza alla Robin Hood. In ogni caso, ciò che conta è che non si torni indietro».
Ma c’è chi sta impostando la campagna elettorale su questo...
«L’appartenenza dell’Italia all’Europa comporta dei vincoli che non possono essere facilmente ignorati. Nell’Agenda Monti c’è molta più consapevolezza di questo aspetto rispetto a quella dei partiti tradizionali».
E della lista Monti cosa pensa?
«È sempre bene quando qualcuno si impegna per la cosa pubblica con l’obiettivo di servire il Paese. Le scelte personali, sulle quali non entro, dipendono dall’attitudine di ognuno di noi e dalla propria sfera privata».
E lei cosa farà?
«Ritengo chiusa la mia esperienza politica. Continuerò a servire il Paese come professore universitario e quindi come dipendente pubblico».
Proseguire, dunque, nel solco tracciato da questo governo. Però le due principali riforme, quella delle pensioni e del lavoro non sono certo al riparo da critiche pesanti...
«Il nuovo governo potrà migliorare ciò che è stato fatto senza rinnegare il nostro lavoro».
Ma per risolvere la questione degli esodati non basterà un semplice aggiustamento. Come è stato possibile sottovalutare una problema che riguarda quasi 400 mila persone?
«Intanto questa cifra, come ho già avuto modo di dire, e come l'Inps stesso, che ne è la fonte ha precisato, è fuorviante. Quello delle persone da salvaguardare è in realtà un fenomeno che si articola nel tempo, fin verso il 2020. Posso dirle che la riforma delle pensioni è stata fatta in una situazione di assoluta emergenza: bisognava dare un segnale forte ai mercati e il tempo necessario per discutere nel dettaglio tutte le situazioni purtroppo non c’è stato. Inizialmente ci era stato detto che le persone interessate erano circa 50 mila. Il mio errore è stato quello di considerare corretta questa cifra».
Ma questi dati da dove arrivavano?
«Noi del ministero abbiamo lavorato insieme all’Inps e alla Ragioneria: come le dicevo la prima cifra era di 50 mila e noi abbiamo deciso di salvaguardare 65 mila persone per avere un margine di sicurezza. Poi questo numero è lievitato anche a causa della vastità degli accordi nel privato che poco a poco venivano alla luce. La situazione però non è quella che, qualche volta in malafede, viene descritta: fino al 2014 abbiamo provveduto a estensioni della salvaguardia e nessuno dovrà restare senza pensione e senza stipendio. Per quelli che verranno dopo, in parte è già stata prevista la salvaguardia. Il problema riguarda ancora gli accordi in sede regionale sui quali le stesse regioni non sono state in grado di fornire stime attendibili. I problemi ci sono e responsabilmente abbiamo sempre cercato di risolverli».
A cosa si riferisce?
«Penso alle ricongiunzioni contributive onerose, un problema che ha provocato grande ansia in molte persone, un problema creato dal governo precedente, ma che con la collaborazione di diverse istituzioni abbiamo risolto».
Sul fronte del mercato del lavoro c’è un altro caso aperto, quello dei precari con contratto in scadenza al 31 dicembre: secondo la Cgil si tratta di centinaia di migliaia di lavoratori...
«La riforma del mercato del lavoro affronta proprio il tema della precarietà e si pone l'obiettivo di risolverlo cercando di instaurare rapporti di qualità migliore e di maggiore stabilizzazione. La precarietà fa male all’impresa e non favorisce la competitività. Il nodo dei precari non può essere imputato alla riforma».
La Confindustria parla però di occasione persa: secondo gli industriali è stata tolta flessibilità in entrata senza dare una svolta a quella in uscita...
«La riforma ha cercato un punto di equilibrio tra le parti. Occasione mancata? Cosa avrei dovuto fare? Liberalizzare di più il contratto a tempo determinato? O lasciare che le imprese utilizzassero le partite Iva in maniera impropria? O il lavoro a progetto in maniera altrettanto impropria? Non lo so. Io però osservo che se è questo quello che chiedono, le imprese hanno avuto per circa dieci anni una notevole flessibilità senza però che la produttività sia salita. La verità è che questa riforma ha molti aspetti positivi che non vengono riconosciuti».
Per esempio?
«L’apprendistato! Ma bisogna che la società investa nell'apprendimento professionale dei giovani. Noi abbiamo fatto le norme ora le regioni devono creare servizi per l’apprendistato, le imprese devono convincersi che investire sui giovani è conveniente, il sindacato deve essere consapevole che questa è una buona strada per l’ingresso nel mercato del lavoro».
Che cosa l’ha ferita di più in questi mesi?
«Gli attacchi alla mia famiglia: una cosa incivile segno di barbarie. E poi le accuse di durezza e crudeltà che mi sono state rivolte, e nelle quali non solo non mi riconosco ma che sono del tutto lontane dal mio modo di vivere i problemi della società, critiche che derivano invece da pregiudizi e scarsa conoscenza».