I senatori Della Seta e Ferrante: errore escludere ambientalisti I direttivi di Liguria e Umbria: troppi i nomi indicati da Roma. Bindi: «Obiettivo portare Bersani a palazzo Chigi»
ROMA L’ultimo asso Pierluigi Bersani lo cala nel giorno in cui le direzioni regionali lavorano con fatica per comporre il rompicapo delle candidature, alla ricerca difficile di un equilibrio tra i nomi blindati nel listino protetto del segretari e i risultati dei candidati promossi alle primarie. Michela Marzano, docente di Filosofia morale a Parigi ed editorialista di “Repubblica”, 42 anni, «un talento italiano, orgoglio del Paese», accetta di correre con il Partito democratico. Il sociologo Franco Cassano potrebbe essere capolista in Puglia. Ma mentre Bersani completa, nome dopo nome, l’elenco delle personalità da inserire nella quota protetta, l’avvicinarsi della direzione nazionale di martedì che chiuderà le liste, agita gli animi nelle correnti e nelle periferie, mentre gli equilibri che si vanno costruendo sembrano improntati al patto segreto tra Bersani e l’ex avversario alle primarie Matteo Renzi: nonostante la ridotta pattuglia di renziani che troverà spazio nelle liste, tutti i fedelissimi dovrebbero farcela. Chi resta fuori dai giochi, intanto, mastica amaro. Andrea Sarubbi, giornalista e deputato romano, chiude la sua prima e ultima legislatura con stoccate ai vertici del partito e al sindaco di Firenze: «Sarei stato una presenza scomoda, troppo montiano» accusa, sottolineando che la scelta tra i parlamentari uscenti «sta avvenendo per correnti, con quote fisse assegnate ai singoli leader» e non per competenze. «Siccome alle primarie ho sostenuto Renzi, il mio destino dipende da come si sveglia il sindaco di Firenze: i suoi 17 li sceglie lui. Così quando decide che non ricandiderà parlamentari uscenti, il Pd ne prende atto e Sarubbi e fuori». Renzi, tuttavia, dovrebbe schierare almeno due parlamentari uscenti: Ermete Realacci in Umbria e Paolo Gentiloni, forse nel Lazio. I maldipancia non mancano: «Pessimo segnale escludere chi si è battuto su un fronte delicato come quello dell’Ilva» dichiarano i senatori ambientalisti Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, che si sentono in odore di rottamazione. Potrebbe invece rientrare in gioco Paola Concia: a sostegno della ricandidatura un appello è stato lanciato da parlamentari, giornalisti e associazioni, ma per farle spazio dovrebbe essere necessario sacrificare qualcuno in Puglia, ipotesi che sta già suscitando reazioni infastidite. Non piacciono, in “provincia”, i candidati paracadutati da Roma: il direttivo della Liguria ha chiesto di ridurre i candidati esterni da quattro a tre, troppe per il Pd umbro sono quattro indicazioni nazionali. In Toscana, per alleggerire le tensioni, passo indietro del segretario regionale Andrea Manciulli, indicato come possibile capolista, che ha messo «a disposizione» la sua posizione. In Emilia Romagna è invece ormai ufficiale: saranno Dario Franceschini e la campionessa olimpica Josefa Idem a guidare le liste alla Camera e al Senato, mentre in Calabria i capilista saranno Rosy Bindi e Alfredo D’Attorre alla Camera e Marco Minniti al Senato. «Consideriamo Monti una presenza importante, ma puntiamo a vincere e a portare Bersani a Palazzo Chigi – ha detto la presidente del partito – siamo aperti a collaborazioni, ma vogliamo farlo da un punto di forza». Dopo la polemica sull’esito delle primarie, risolto a Bologna il rebus-candidature: sia la portavoce dell’ex premier Romano Prodi Sandra Zampa che Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione delle vittime della strage del 2 agosto, saranno in posizioni “sicure”. «Bolognesi si dimetta immediatamente dalla carica di presidente» ha chiesto il movimento Cinque Stelle.