ROMA «Non sono in programma incontri con il Cavaliere». Bastano queste poche parole, la lunghezza di un Twitter, a gelare Silvio Berlusconi che sul vertice con il leader della Lega Roberto Maroni ci puntava. Così che a fine serata l’alleanza con il Carroccio che il segretario pdl Alfano dava ormai per fatta è un nodo che si sfilaccia e si slega, appunto. L’atmosfera assume diverse sfumature di grigio quando da Verona il sindaco Tosi conferma che continuerà a puntare i piedi: «Berlusconi non può essere candidato premier»
Il fatto è che questa volta all’altra parte non c’è l’Umberto in canotta «che poi alla fine si sistema tutto» ma un altro leader che non può decidere da solo ma rende conto ai suoi. «Che abbiamo fatto a fare la rivoluzione se poi ci ritroviamo di nuovo con il Berlusca? E cosa gli diciamo ai giovani che a Bergano agitavano le scope al grido di mai più col Cavaliere? »,butta lì due domandine da niente, brusco ma essenziale, il senatore Ettore Torri, bossiano della prima ora che ora si può permettere il lusso di stare alla finestra In quanto al successore, Maroni riafferma il principio che chiunque sia «contro Monti è nostro alleato». E in chiave interna lancia un messaggio pacificatore, «voglio governare la Lombardia per fare squadra con Cota e Zaia e costringere Roma a lasciarci i soldi delle nostre tasse. Chiunque governerà a Roma se la vedrà con i governatori di Lombardia, Piemonte e Veneto, la rivoluzione passa dall'Euroregione Nord».
CASA BOSSI
«Il problema è che il premier vuole essere Berlusconi», aveva sussurrato cavernoso il fondatore dalla sua Gemonio qualche giorno prima di Natale. Scavallato l’anno il problema è rimasto. Bossi Ieri ha ricevuto a casa sua Tremonti e aspettava anche Calderoli e Maroni che però non si sono presentati. Col primo si sono sentiti al telefono e la conversazione a quanto pare non avrebbe aggiunto nulla di nuovo ai tentennamenti delle ultime ore. Maroni s’è preso ancora qualche ora per capire fino a che punto si possa tirare la corda, stretto tra le esigenza di dare sostanza alla sua candidatura al Pirellone e ammordire Tosi e Zaia che di Berlusconi e di alleanze non vogliono sentir parlare.
LA RIVOLTA
Da Berlusconi per mettere pressione ai leghisti è partito un ordine di scuderia: minacciare la crisi ovunque il Pdl governi insieme al Carroccio. A cominciare dal Piemonte dove il governatore Roberto Cota deve fare i conti con una maggioranza risicata. Il passaggio è obbligato. E qualcuno come Calderoli e Castelli sta trovando i modi giusti per spiegare alle truppe che bisogna turarsi il naso. «La Lega è in una situazione difficile - riassume Roberto Castelli a Tgcom24 - nessuna delle soluzioni ha aspetti positivi. Maroni si è candidato per avere la Lega nelle tre regioni principali del nord, ma da soli non si può fare, serve un alleato». E aggiunge che «l'alleato naturale sarebbe il Pdl ma se si ragiona col sentimento, si capisce che se ci alleiamo rischiamo di perdere molti voti». E riecco il busillis. Berlusconi che minaccia di far saltare il banco in Veneto e Piemonte se la Lega rifiuta. Flavio Tosi alza le spalle e gli occhi al cielo. Vorrebbe ribattere, sarebbe l'ennesima volta, alle uscite del Cavaliere. Ma il sindaco di Verona e segretario del Carroccio del Veneto si limita a ripetere il leit-motiv: «Abbiamo messo un paletto irrinunciabile per firmare il patto con il Pdl: Berlusconi non può essere candidato premier. E dunque, non può neppure dettare la linea del centrodestra».
Salvini: andare soli? Non sempre la base ha ragione
L’INTERVISTA
ROMA Da bravo segretario ha appena inaugurato la sezione numero 351 in località Borghetto Lodigiano. I suoi lo informano che da qui al prossimo mese e mezzo ne verranno aperte in Lombardia altre 14, come dire che il Carroccio si prepara ad arroccarsi nel suo fortino. Che il peggio è alle spalle ma non bisogna sbagliare la prossima mossa. Matteo Salvini, uomo di punta della Lega, ci tiene ogni volta a definirsi «un’espressione del territorio». Tanto radicato che di lui si parlò quando propose di riservare ai milanesi un vagone delle metro.
Onorevole Salvini che sabato ha passato?
«Un sabato di relax»
Mica tanto. C’è questa storia dell’accordo con Berlusconi che non si chiude
«Sì, ma oggi con Maroni non se n’è parlato».
Sta dicendo che si è sentito con il segretario senza toccare l’argomento?
«Abbiamo parlato del programma per la Lombardia che è la cosa che ci sta più a cuore, di trasporti e di sanità. Delle alleanze si parlerà soltanto in un secondo momento. L’8 gennaio avremo il consiglio federale e vedremo».
Intanto però il Pdl minaccia di farvi cadere le giunte dove governate insieme.
«A noi questi ricattini non fanno nessun effetto. Veneti e piemontesi sapranno fare da soli».
Ma lei è favorevole o contrario all’accordo con il Cavaliere?
«Io dico che una decisione verrà fuori. Ma sono sicuro che se ci mettiamo a sentire i militanti loro diranno che è sempre meglio e comunque correre da soli».
Lo pensa anche lei?
«Sì, lo penso. Ma c’è una valutazione da fare: il centrosinistra in Lombardia è intorno al 30%. Si può vincere da soli o in compagnia ma se vogliamo essere più forti sarà necessario farci sostenere dalle 4 liste civiche che già ci sono e dal Pdl. Ma il presupposto è che gli Alemanno, gli Alfano e i Cicchitto accettino le nostre condizioni. E una su tutte: che le regioni trattengano il 75% dele imposte che si pagano sul territorio. Stiamo parlando in Lombardia di circa 100 miliardi di euro».
E a Tosi e ai giovani che a Bergamo agitavano le scope per gridando “mai più con il Cavaliere” chi glielo dice?
«In passato abbiamo contribuito con i nostri voti a far eleggere Albertini, Podestà, Moratti e Formigoni, ora saranno loro a darci una mano per far vincere Maroni. Ma torno a ripetere: si può vincere anche da soli».
E alle Politiche?
«L’interesse del popolo leghista in questo caso è davvero molto limitato. Gli va bene qualsiasi leader. Certo è meglio se non è Berlusconi. Lo scontro con Bersani è roba vecchia».