MILANO Il «sicuro vincitore» Bobo Maroni è atteso alla radio di partito per spiegare l’accordo, le sue ragioni, le sue radiose prospettive di successo. Invece, dopo una conferenza stampa che lo innervosisce assai, in radio ci manda Matteo Salvini costringendolo ad arginare in sua vece il malumore dei padani. I più gentili, come Silvana da Arona, dicono che «questa è l’ultima volta che vi dò ancora fiducia. Poi basta». I più espliciti, come Giulio da Brescia, vanno pesante: «Da Arcore possono arrivare solo fregature».
Più che di rabbia il clima è di mestizia in via Bellerio e dintorni. La divisione non è fra chi pensa che Berlusconi sia un buon alleato e chi invece lo vede col fumo negli occhi, ma fra chi pensa che «l’amaro calice» vada bevuto e chi non lo vuole bere. Perché di «amaro calice», comunque, si tratta. L’onorevole Pini dell’Emilia Romagna dopo aver ascoltato la conferenza stampa di Maroni se ne va via in taxi, sconsolato: «Sono in silenzio, perché se parlo...». Per la cronaca: è stato uno dei grandi elettori di Bobo alla segreteria.
MEGLIO PERDERE DA SOLI
«Non è un maldipancia che mi coglie di sorpresa» ammette Maroni. Già nei giorni passati i segnali inviati dalla base ai vertici erano chiari: «Basta con Silvio, meglio perdere da soli». Un suo consigliere domenica pomeriggio gli aveva mandato una lettera riservata in zona Cesarini per elencargli tutte le cattive ragioni di un patto con il Pdl. «Ma io sono realista» spiega ora il capo leghista «Al congresso avevo detto che il nostro primo obiettivo era la presidenza della Lombardia, questo è l’unico modo per ottenerla».
L’ordine di scuderia è di non replicare bruscamente alle critiche. I conduttori di Radio Padania rispondono agli ascoltatori più inferociti con fair-play: «La tua è una considerazione che posso capire... il tuo è un punto di vista rispettabile... la situazione in effetti è complicata». E si consolano con quelli che giurano fedeltà: «Berlusca non mi piace, ma andare da soli e perdere non serve a niente». Anche la nomenklatura del partito fa quadrato: Cota da Piemonte, Zaia e Tosi dal Veneto dicono che va bene così.
LA TESSERA NEL CESTINO
I colonnelli, però, hanno tutti qualcosa da difendere. I semplici militanti molto meno. Prendono d’assalto la pagina facebook di Maroni: «Avete firmato la fine della Lega» (Alessandro). «Ho la sensazione di vivere le ultime ore da leghista e militante» (Lucia). Piovono pietre anche sulla radio: chi vuol buttare la tessera nel cestino, chi dice che «è una sciagura», chi sente il peso della «dignità calpestata», chi ricorda che «abbiamo cacciato Bossi perché non volevamo più legami con Berlusconi, e adesso Maroni ci ripropone la stessa minestra».
Già, Bossi e i bossiani. Il vecchio capo sa che non è il momento di ulteriori lacerazioni e difende la scelta. Ai suoi seguaci non par vero invece di poter trovare vendetta. Il ligure Chiappori ironizza: «I militanti mi chiedono spiegazioni ma non so che dire. Dovrei spiegare che tutto è stato fatto solo per una poltrona, speriamo almeno di avercela alla fine». Il senatori Torri fa preveggenze apocalittiche: «A parte che dei passi indietro di Berlusconi non si fida nessuno, ho la sensazione che siamo entrati in retromarcia in un senso unico, al buio. Tanti auguri».