Coalizione a geometrie variabili come nel ’94, carica di mini-liste alleate
IL RETROSCENA
ROMA Un passo di lato, timido e sofferto. Quanto basta per spuntare, nella notte di Arcore, un nuovo «sì» di Maroni e Calderoli all’alleanza che «impedirà alla sinistra di vincere». «Non farò il presidente del Consiglio, ma spetterà a noi indicare il nome al Capo dello Stato», spiegava ieri sera il Cavaliere visibilmente soddisfatto per l’accordo. «Era inevitabile, conviene a tutti», sostiene Aldo Brancher che di trattative con il Carroccio se ne intende. Non c’era a villa San Martino Umberto Bossi e neppure i guastatori alla Salvini che ogni giorno tranquillizzava i furibondi ascoltatori di Radio Padania. Ora che l’intesa è ufficializzata, il Cavaliere punta a scaraventare il blocco del Nord contro la corazzata guidata da Bersani.
SFIDA AL SENATO
Obiettivo levare alla sinistra la maggioranza in Senato anche grazie ai voti che raccoglieranno i centristi di Monti, Casini e Fini. Il passo di lato fatto nella lunga notte di Arcore non è l’unico prezzo che il Cavaliere è costretto a pagare al Caroccio. Sul piatto c’è anche la promessa della creazione della macro regione del Nord con l’impegno a lasciare al Nord il 75% delle imposte. Il Cavaliere per non scatenare la reazione dell’ala sudiste del Pdl, e di Alfano che insieme a Mario Mantovani e Denis Verdini hanno preso parte al summit, sosteneva ieri che si tratterà di «una proposta da attuare con gradualità e conteggiando non solo le imposte nazionali, ma anche quelle locali». L’altra cambiale riguarda la corsa al Pirellone con il via libera del Pdl a Bobo Maroni e la promessa a Roberto Formigoni di un posto sicuro nel prossimo Parlamento. Arruolare il Celeste goverantore uscente della Lombardia significa per Berlusconi «sgonfiare le gomme» alla candidatura di Gabriele Albertini in regione. Il diretto interessato nega possibili connessioni dalle sue scelte e quelle di Formigoni, ma il colpo c’è e rischia di orientare altrove i voti ciellini. Per ora i sondaggi in possesso dell’ex presidente del Consiglio danno al Pdl in Lombardia il 19% e alla Lega il 20%. In tutto, comprese le liste civiche, il 43% dei consensi sarebbe già in possesso del centrodestra.
Berlusconi è convinto di poter sottrarre ai Progressisti il premio di maggioranza al Senato in molte regioni. In Lombardia verranno assegnati 47 seggi. Chi vince ne prende 26 e coloro che perdono superando l’8%, si dividono i restanti 20. In Veneto 14 su 24, nel Lazio 15 su 27, in Sicilia 15 su 26.
LA COALIZIONE
Lo sblocco della trattativa con la Lega ha cambiato anche l’impostazione con la quale il Pdl si presenterà al voto aprendo la possibilità a molteplici collegamenti con altre liste in stile ’94. Oltre alla Lega l’intesa sicura è quella con la lista di Giulio Tremonti che in tutta Italia presenterà la sua ”Lista lavoro e Libertà” il cui sito ieri è stato sommerso di richiesta del modulo con il quale ricorrere contro l’Imu. Sicura anche l’intesa con i ”Pensionati” di Fatuzzo, con ”Grande Sud” di Miccichè, con i «Fratelli d’Italia” di La Russa, Meloni e Crosetto e con i ”Cristiano Popolari” di Mario Baccini che presenteranno liste al Senato in sei regioni.
I CRITERI
Per la definizione delle candidature si dovrà attendere ancora qualche giorno. Ieri sera si è riunito l’ufficio di presidenza ristretto del partito per definire i criteri da presentare a Berlusconi. Il Cavaliere prende tempo anche per vedere come si comporteranno gli altri due schieramenti. Il taglio del numero di candidature deciso dal Pd sembra convincere anche il Cavaliere che vorrebbe il limite delle tre legislature, anche se c’è chi preme per alzare la soglia a 15 anni non conteggiando in questo modo la legislatura 2006-2008. Altro criterio dovrebbe essere quello del rispetto dei versamenti dovuti al partito, della produttività (presenze in aula e interventi) e dei 65 anni. Veto assoluto agli europarlamentari e possibili deroghe per coloro che hanno radicamento sul territorio e quindi voti, a patto però che accettino di correre al Senato. Complessivamente il taglio dovrebbe riguardare 150-170 parlamentari, anche se nei cinque anni di legislatura una cinquantina sono già andati via e altrettanti verrebbero spalmati nelle altre liste. L’ultima parola, come ovvio, spetterà a Berlusconi che dovrebbe candidarsi al Senato e che oltre agli uscenti, ha in mente alcuni innesti da candidare specie nelle liste del Nord.