ROMA Fino a notte, Mario Monti ha discusso a Montecitorio delle candidature per il Senato con Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e i plenipotenziari di Italia Futura Carlo Calenda e Andrea Romano. «Non tanto sui nomi, quelli arriveranno più tardi», dice uno dei collaboratori del premier, «quanto sui criteri». E per ”criteri” Monti intende il «tasso di rinnovamento», l’assenza di conflitto d’interesse, la fedina penale «limpida», un’anzianità parlamentare non superiore a 15 anni. Temi su cui già da ieri notte ha cominciato a vigilare Enrico Bondi per il «controllo di qualità».
LO SCONTRO
Non è stata una riunione facile. Da una parte Fini, Casini e i montezemoliani decisi a imporre l’idea delle quote in ragione del ”peso” delle rispettive forze politiche. Traduzione: con un risultato elettorale del 20%, che potrebbe portare all’elezione di 50 senatori, 30 dovrebbero essere targati società civile (vale a dire montiani e montezemoliani), 15 Udc e 5 Futuro e libertà di Fini. Dall’altra parte Monti, determinato a non far passare il principio delle quote «che ricorda troppo il manuale Cencelli» e a spingere «in modo drastico» per il rinnovamento. «Voglio giovani, gente nuova dell’economia, delle professioni, del volontariato. Dobbiamo dare una risposta all’anti-politica», predica da giorni il professore infastidito e preoccupato dalla competition innescata da Pier Luigi Bersani che nelle ultime ore si è accaparrato le candidature di Giorgio Santini (numero due della Cisl) e di Giampaolo Galli (ex direttore generale di Confindustria). In più, Monti - che presenterà giovedì la sua lista per Montecitorio - chiede garanzie per la nascita di gruppi unici alla Camera e al Senato. E su questo ha ottenuto l’impegno di Casini. «Noi ci siamo rimessi nelle mani del premier», ha detto il leader dell’Udc di buon mattino, «è lui che deciderà le liste e, insieme a noi, le persone. Questo ha senso perché faremo gruppi parlamentari unici». Ancora: «Per noi il vaglio di Bondi non è un problema, procederemo a un rinnovamento forte e avremo candidature ineccepibili».
IL DOPPIO
Ma l’intesa finisce qui. Monti è sulla linea: voi mi date i nomi e io decido, determinato a portare in Parlamento un numero doppio di eletti rispetto a Udc e Fli. I partiti preferiscono la «concertazione» delle scelte. E anche Luca Cordero di Montezemolo - che ieri ha avuto una lunga telefonata con il professore - è determinato a dire la sua. «Senza veti preventivi». Tant’è, che nel lungo vertice è andato in scena il duello sulle deroghe ai criteri del ”codice Bondi”. Il premier non ne vuole più di due per lista e si riferisce esclusivamente all’anzianità. «Gli altri criteri sono inderogabili». I partiti spingono per maglie più larghe, tenendo fuori i leader Casini e Fini. Obiettivo: candidare alla Camera i centristi Rocco Buttiglione e Lorenzo Cesa e i futuristi Italo Bocchino e Roberto Menia.
Tra i componenti del governo c’è da registrare la decisione di Antonio Catricalà di non candidarsi: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha preferito mantenere il profilo tecnico. Verso un seggio invece i ministri Renato Balduzzi (Sanità) e Francesco Profumo (Scuola). Resterà fuori Andrea Riccardi che ha indicato il portavoce della comunità di Sant’Egidio Mario Marazziti. Italia Futura candiderà Carlo Calenda, Andrea Romano, il magistrato antiterrorismo Stefano Dambruoso, il rettore dell’Università per stranieri di Perugia, Stefania Giannini, e probabilmente l’ex capo di Stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini.
Da registrare infine una notizia filtrata da palazzo Chigi. Il 31 dicembre Mario Monti ha ricevuto una telefonata di Barack Obama. Il presidente degli Stati Uniti ha fatto gli auguri di fine anno al professore e, sapendo della candidatura, si è lasciato andare a un incoraggiamento. Della serie, «go, Mario, go»: vai Mario, vai.