PESCARA «L’amicizia non può essere la prova della corruzione. Non voglio discutere se un sindaco faccia bene o male a prendere utilità da un amico imprenditore perché la domanda è un’altra: è penalmente rilevante che Carlo Toto metta a disposizione aerei a Luciano D’Alfonso?. Potremmo ragionare dell’opportunità politica o morale ma non credo che questo rientri in un processo penale». L’amicizia tra Carlo e Alfonso Toto e Luciano D’Alfonso, imputati nel processo per presunte tangenti in Comune, ha preso corpo, dopo la versione del pm Gennaro Varone, nelle parole di Augusto La Morgia, l’avvocato dei Toto che ha riaperto il processo dopo la pausa natalizia con un’arringa durata un’oretta e conclusa con la richiesta di assoluzione per i due imprenditori. Aula affollata, ieri mattina, per un’udienza seguita da un pubblico di curiosi e di giovani avvocati venuti ad ascoltare l’arringa dell’altro avvocato dei Toto, il professor Franco Coppi, legale di Giulio Andreotti e Antonio Fazio. Se La Morgia ha affrontato il cuore del processo replicando alle accuse di turbativa d’asta e di corruzione contestate dal pm Varone, Coppi è stato più tecnico, ha richiamato norme e giurisprudenza per abbattere il reato di turbativa d’asta che, come ha detto, «se non c’è travolge anche la corruzione». Per l’accusa, infatti, ci sarebbe stato uno scambio tra i Toto e D’Alfonso: l’appalto dell’area di risulta in cambio di aerei e voli gratis per il sindaco. Ed è partito dal bando per l’area di risulta, La Morgia, per smontare l’accusa e soffermarsi brevemente, poi, sul rapporto di amicizia tra i tre che avrebbe portato gli imprenditori a fare regali a D’Alfonso per «generosità» e per «grande cortesia» perché «d’altronde», come ha detto, «i Toto non hanno mai avuto un lavoro a Pescara». «Il pm contesta agli imprenditori», ha spiegato La Morgia, «di essere stati a conoscenza dei segreti della procedura dell’appalto e di aver potuto beneficiare di un lauto appalto come unici concorrenti». Ma in più punti l’avvocato ha cercato di dimostrare che quell’appalto non è stato fatto per favorire i Toto. «La documentazione messa a disposizione dal Comune», ha detto, «è stata di una trasparenza inusuale, straordinaria. Quindi è illogico dire che Toto sia stato avvantaggiato e a dirlo sono stati, nelle conclusioni, anche i consulenti del pm». «La gara non è stata truccata», ha aggiunto l’avvocato. Un argomento su cui ha battuto anche Coppi dicendo che «Toto non aveva neanche i requisiti per partecipare alla gara» e chiedendosi quindi: «Come mai una società così favorita era addirittura senza requisiti?». La difesa, infine, si è soffermata sui ruoli dei due Toto. «Carlo è in questo processo per una email sequestrata in cui Alfonso Toto diceva a Giampiero Leombroni di ricordarsi di condividere le scelte tecniche con il capo. L’equazione del pm», ha detto La Morgia, «è che Carlo è il capo ed è partecipe. Non è così, perché non è mai stato nel cda del gruppo». Per il figlio Alfonso, il legale ha aggiunto: «Gli si contesta il numero 7 vicino alla N nella lista Dezio ma non si sa a chi sono stati dati questi soldi, né la causale». Infine il legale, avviandosi verso le conclusioni, è tornato sui viaggi e i voli messi a disposizione a D’Alfonso: «Perché assumono rilevanza penale solo da quando D’Alfonso è diventato sindaco?», si è domandato retoricamente La Morgia. «I voli sono stati familiari o sponsorizzazioni e allora perché l’imprenditore Spadaccini che pure ha fatto sponsorizzazioni non è in questo processo? Le utilità ricevute da D’Alfonso sono neutre, non il prezzo della corruzione», ha concluso chiedendo l’assoluzione.