«Si può fare un ragionamento sull'opportunità politica o etica in merito ai rapporti tra Carlo Toto e Luciano D'Alfonso, ma non si può affermare che l'amicizia sia prova di corruzione». Per questa e per il reato di turbativa d'asta in merito all'appalto per l'area di risulta, l'avvocato Augusto La Morgia ha dunque chiesto l'assoluzione con formula piena per gli imprenditori Carlo e Alfonso Toto. Turbativa d'asta che, secondo l'avvocato Franco Coppi, noto per aver difeso personaggi del calibro di Giulio Andreotti e Antonio Fazio e attualmente difensore di Sabrina Misseri nel processo per l'omicidio di Sarah Scazzi, non sussisterebbe alla luce della nuova normativa approvata nel 2010. E' stata dunque l'udienza dei Toto al processo Housework la cui sentenza è stata fissata dal presidente Antonella Di Carlo per il 4 febbraio. Nessun vantaggio, secondo i legali, ma, al contrario, un secondo bando di gara «apprezzabile per la massima trasparenza - ha detto La Morgia - «Il pm contesta la contraddittorietà dei documenti della seconda gara, contraddittorietà che sarebbe stata voluta e finalizzata e consentire soltanto a Toto, unico concorrente a conoscenza dei segreti profondi che avrebbero portato all'iter della procedura, di fare l'unica offerta. Ma così non è visto che il Comune aveva prodotto una serie straordinaria e inusuale di documenti per sapere quali e quanti posti sarebbero stati messi a disposizione. Affermare che solo i Toto sapessero va dunque contro la logica e il buon senso». Un bando di gara talmente trasparente, secondo la difesa, che al suo interno erano riportati anche «il piano economico finanziario e quello del traffico urbano». La prova questa, ha sostenuto l'avvocato, che da parte dell'amministrazione non vi fosse alcuna intenzione di nascondere l'esistenza dei 3 mila 400 posti in più previsti per il parcheggio oltre ai 600 segnalati. Inoltre, si è detto in aula, Carlo Toto non si sarebbe mai interessato al bando dell'area di risulta non essendo, all'epoca dei fatti, neanche nel consiglio d'amministrazione della Toto Spa. «Se fosse stato a conoscenza dei presunti segreti della procedura non avrebbe fatto un'offerta nettamente migliorativa per l'amministrazione comunale – ha proseguito l'avvocato – tanto da proporre un ribasso del 3% sulle tariffe poste a base d'asta e garantendo così una riduzione di 10 milioni di euro. Perché poi il sindaco avrebbe dovuto chiedere ad altri imprenditori perché non avessero partecipato al bando? A me pare fosse più interessato alla gara che a Toto il cui nome, oltretutto, appare solo una volta nelle carte del processo e cioè in riferimento ad una mail del 19 novembre 2006 in cui Alfonso Toto scrive a Leombroni di ricordarsi di condividere con il capo le basi dell'offerta. Non vedo dove sia l'illecito – ha aggiunto La Morgia – e poi dov'è la prova che il capo sia Toto?». Se è vero poi che D'Alfonso «ha ricevuto da un imprenditore delle utilità è pur vero che ha sempre detto che erano frutto di una generosità che lo contraddistingue». Un atteggiamento giustificato, secondo la difesa, dai rapporti tra i due. L'assoluzione è stata chiesta ieri anche dai difensori del consulente Francesco Ferragina, dell'ex direttore generale del comune Antonio Dandolo e dell'imprenditore Rosario Cardinale.