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Data: 09/01/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Sprint per l’Alitalia, gelo di Air France sull’ipotesi Etihad

ROMA «Per salvare l’Alitalia ci vorrebbe solo l’esorcista». Era il 2008 quando Maurizio Prato, allora amministratore delegato della compagnia di bandiera, fotografò, con una battuta fulminante, il caos in cui si trovava la società. Contesa da Air France e Lufthansa, a un passo dal crac e nel pieno della bufera politica. Dodo 5 anni quella frase sembra tornare d’attualità se non altro per la confusione che regna sul destino della compagnia di bandiera. Oggi i problemi finanziari sono certamente meno gravi, ma Alitalia, nonostante la dura cura dimagrante, ha già bruciato 753 milioni, vede la cassa assottigliarsi e lotta per mantenere la quota di mercato. Situazione, sebbene migliorata, certo non esaltante. Proprio nei giorni in cui, come noto, scade il vincolo per la cordata italiana a mantenere le proprie quote. Da domenica 13 i soci saranno infatti liberi di cederle sul mercato.
AUMENTO DI CAPITALE
Dietro l’angolo c’è l’ipotesi di un aumento di capitale, sempre smentito ma ritenuto inevitabile dagli analisti. Peccato che i principali soci, da Intesa Sanpaolo ai Benetton fino ai Riva, non abbiano nessuna intenzione di aprire il portafoglio. Anche perché, spiegano da Ponzano Veneto, il problema è industriale. Traduzione: serve subito l’integrazione con un partner di peso. Del resto, dilatare troppo i tempi - aggiungono - potrebbe deprezzare ulteriormente la compagnia e, in una fase critica del trasporto aereo, disperdere altre risorse.
In attesa dell’offerta formale di Air France, che Lazard sta limando in queste ore (15-20% in più di quanto sborsato dai soci italiani con uno scambio carta contro carta), i soci più piccoli cercano di smarcarsi. Da qui il mandato a Rothschild a sondare tutte le possibilità, per vendere cara la pelle. Con la banca d’affari che avrebbe già individuato due alternative concrete, che non sono nè Etihad nè la compagnia di bandiera russa. Sia come sia, svincolarsi da Parigi - che possiede il 25% - è davvero un rebus. Non solo e non tanto perché il presidente Roberto Colaninno, già nei primi incontri di luglio 2012, ha fissato i paletti. Ma perché sono i grandi soci (Intesa, Benetton e Unipol) a volere la promessa sposa francese. Non piace poi che alcuni azionisti minori, con Equinox in testa, si muovano in maniera autonoma. Il rischio, fanno notare, è che Air France fermi davvero i motori, aspettando che i conti di Alitalia si avvitino pericolosamente per fare poi un sol boccone della compagnia. Parigi sa bene che i margini per le compagnie del Golfo sono più che esigui. Proprio a questo proposto Les Echos parla esplicitamente di un interesse di Etihad, ma per una quota di minoranza. Del resto solo un ingresso in questa forma, ovvero a fianco di Air France e non in competizione, sarebbe possibile. Le norme europee vietano espressamente che il controllo di una compagnia del Vecchio Continente possa passare agli arabi, pena la perdita della licenza di trasporto aereo. Strada chiusa quindi o quasi. Etihad comunque evita commenti .
LE PENALI DA PAGARE
Senza contare poi che uscire dall’alleanza con Air France costerebbe molto caro. Lasciare Sky Team significa infatti pagare una penale da circa 200 milioni.
Il matrimonio con Parigi è quindi dato per scontato anche se fino all’ultimo i soci, grandi e piccoli, tenteranno di giocare al meglio le proprie carte sul tavolo. L’ad Andrea Ragnetti, intervistato recentemente dal Messaggero, non ha escluso un’inedita alleanza a tre, coinvolgendo Air France ed Etihad insieme alla nostra compagnia di bandiera. Parigi tace gelida, la cordata italiana aspetta speranzosa.

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