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Pescara, 19/12/2025
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Data: 19/01/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Meno entrate, più sussidi: mancano almeno 7 miliardi. Il futuro governo potrebbe invocare l’effetto della recessione come scusante. Ma oltre al giudizio di Bruxelles va considerato quello dei mercati

ROMA Sulla carta, fanno 6-7 miliardi. È questa l’entità dell’ammanco che si verrebbe a creare a seguito della minor crescita del 2013, così come fotografata dalla Banca d’Italia. Toccherà al prossimo esecutivo decidere se passare all’azione, sfidando il rischio di un corto circuito recessivo, oppure chiedere a Bruxelles di tenere conto del fatto che si tratta di un ulteriore effetto della recessione e dunque scomputare questo importo dal calcolo del deficit strutturale.
L’OCCHIO DEI MERCATI
Naturalmente l’Unione europea non è il solo interlocutore e il rispetto formale delle regole non è l’unico punto di vista da adottare: c’è anche da valutare quale giudizio darebbero i mercati finanziari di un mancato rispetto degli impegni da parte del nostro Paese, seppur tollerato a livello europeo.
Come si arriva alla cifra? Siccome la precedente previsione di Via Nazionale, che è poi anche quella messa nero su bianco a settembre dal governo, indicava un -0,2 per cento, la differenza rispetto al -1 ora previsto equivale a otto decimi di punto. Venendo meno, generano un aggravio nei conti pubblici pari a circa la metà, ossia lo 0,4 per cento: tra i sei e i sette miliardi rispetto ad un prodotto nominale che ne vale poco meno di 1.600. La minor crescita porta infatti con sé un calo delle entrate tributarie e contributive, ed un aumento delle spese da destinare agli ammortizzatori sociali. Naturalmente potrebbero poi emergere anche altre esigenze, ad esempio se alcuni dei risparmi di spesa contabilizzati con le precedenti manovre si rivelassero non realizzabili oppure se si ritenesse di risolvere problemi come quello degli esodati. Il sottosegretario all’Economia Polillo stima in 9 miliardi il possibile fabbisogno aggiuntivo.
LE LEVE DISPONIBILI
Dove trovare i soldi? La risposta toccherà naturalmente al prossimo esecutivo, qualora decida che sia questa la strada da seguire. Alcuni capitoli del bilancio pubblico sono già stati pesantemente colpiti: è difficile ad esempio pensare ad un altro intervento sulle pensioni, ed anche sugli enti locali i margini sono ormai quasi inesistenti. Ugualmente sui dipendenti pubblici, già colpiti dal blocco delle retribuzioni fino al 2014, non si potrebbe fare molto. In teoria resta da arare il campo degli incentivi alle imprese (oggetto del rapporto Giavazzi) o quello delle tax expenditures, le agevolazioni fiscali di cui si è studiata la razionalizzazione. In entrambi i casi il lavoro non partirebbe da zero, ma le scelte andrebbero calibrate con attenzione trattandosi di materie sensibili.
Sul fronte delle entrate tutti partiti sono comprensibilmente riluttanti all’istituzione di nuovi prelievi: come dimostra anche la correzione di rotta del Pd in tema di imposta patrimoniale. La speranza è invece affidata alla discesa dei tassi di interesse e ai conseguenti risparmi sul servizio del debito.

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