ROMA Conoscevano l’indagine e si erano organizzati anche per rimuovere le eventuali microspie, i protagonisti dell’inchiesta sugli appalti del Viminale. La ricostruzione della procura di Napoli che ha convinto due giorni fa il gip Claudia Paciotti a mettere fuori da tutti i pubblici uffici sia l’ex prefetto dell’Aquila Giovanna Iurato sia l’ex vicecapo della Polizia Nicola Izzo, parte dalla conversazione che la dirigente proveniente fa, al telefono, appena arrivata in Abruzzo nel 2010: la stessa in cui confessa ridendo di aver pianto per le vittime del terremoto. Dall’altro lato c’è l’ex capo dell’Anticrimine Francesco Gratteri che si dice disponibile a «bonificare» dagli ascolti indesiderati il nuovo ufficio assegnato a Iurato nella caserma della Guardia di finanza.
Iurato: «Lo posso dire che il colonnello dei carabinieri mi ha invitato a fare questo? (cioè a bonificare l’ufficio, ndr) Perché lui sa tutto di questa situazione che si è creata ora». Gratteri: «Ho capito però là deve arrivare la polizia, in una caserma della finanza con valigie e valigette per fare la bonifica al Prefetto, che sta in una struttura della Finanza, è un po’ antipatica come cosa, no? Ti dico, Giovanna, se qualcuno l’ha messa qualcosa, l’ha messa con la compiacenza della Finanza». Iurato: «Guarda a me non sarebbe mai passato per la mente. Lui me l’ha detto. Anche perché c’è una situazione che poi ti spiegherò». Non è chiaro se la bonifica servisse per proteggersi dall’indagine, scrive il gip, «oppure è legata ad altre esigenze». Ma di certo le verifiche della procura di Napoli a questo punto si stanno concentrando soprattutto sulla quantità di notizie a cui potevano attingere gli indagati, informati direttamente dall’allora capo della Dia.
IL SUICIDIO
L’ordinanza di applicazione dell’interdizione dai pubblici uffici mette in evidenza anche un altro passaggio. Quello delle «pesantissime pressioni» che Izzo e Iurato avrebbero operato «sui componenti della Commissione di aggiudicazione dell’appalto del Cen». Un elemento inquietante, perché tira in ballo il suicidio del viceprefetto Salvatore Saporito, morto nel corso dell’indagine: «È sufficiente ricordare l’incipit della email indirizzata a un amico, con la quale l’indagato Saporito accennava alle ragioni che di lì a poco l’avrebbero portato a suicidarsi».
LA RICOSTRUZIONE
Stando alla ricostruzione della procura ci sarebbe pure un’altra morte «oggetto di accertamento». Quella del funzionario Vincenzo Paracuollo, direttore del Cen di Conte della Cerra di Napoli: «Il dottor Mone, capo della Direzione centrale degli affari generali, mio superiore diretto, mi disse che non sapeva nulla e che era stata una decisione del dottor Izzo», si legge in uno stralcio del suo verbale.
Intanto, le presunte finte lacrime del prefetto Iurato hanno provocato reazioni diverse. Prudente il ministro degli interni Cancellieri: «È una cosa molto triste, ma su cui non esprimo giudizi perché le cose vorrei conoscerle nella loro interezza». Sotto choc i familiari delle vittime della Casa dello Studente dell’Aquila. «Provo disprezzo per questa donna. Dovrebbe vergognarsi», afferma Annamaria Cialente, che nel crollo perse il figlio. Al telefono, il prefetto Iurato risponde solo che per il momento non si sente di fare commenti. Per lei parlano i legali, Renato Borzone e Claudio Botti: «Non c’era nulla di sarcastico o ironico. È il tono confidenziale di una telefonata amichevole».