ROMA Non è vero che le tasse fanno litigare destra e sinistra. Sul fisco, in realtà, la zuffa più violenta si combatte nelle trincee della sinistra dove è tornata a galla un’antica contrapposizione fra Pd e Cgil. La posizione del partito è chiara: no alla patrimoniale, sì invece ad un aumento dell’Imu per patrimoni superiori a 1,3 milioni di valore catastale e stop ai pagamenti Imu inferiori a 400 euro. Replica del sindacato: «La patrimoniale è indispensabile perché serve a finanziare gli investimenti per il lavoro e a stoppare i tagli allo stato sociale».
Dietro le parole si stagliano cifre, obiettivi e disegni di politica economica molto diversi. L’aumento dell’Imu a carico dei più ricchi («Riguarderebbe non più del 5% della popolazione mentre secondo Bankitalia il 10% possiede il 45.9% della ricchezza del Paese», sottolinea il bersaniano Vincenzo Visco ex ministro del Tesoro) varrebbe appena due miliardi di euro. Due miliardi che resterebbero nelle tasche della fascia di ceto medio, proprietario di prima casa, che non pagherebbe più Imu per cifre inferiori ai 400 euro annui. Il peso complessivo dell’Imu, circa 24 miliardi, non cambierebbe. Mentre verrebbe quasi dimezzato il gettito della prima casa. «Le elezioni non c’entrano - sottolinea Stefano Fassina, giovane responsabile economico del Pd - Facemmo questa proposta già un anno fa in Parlamento quando l’Imu fu varata».
In casa Cgil si suona tutta un’altra musica perché il gruppo dirigente di Susanna Camusso è innamorato del modello francese. A Parigi la patrimoniale è fissa da anni e colpisce tutta la ricchezza: case, azioni, obbligazioni, risparmi, persino gioielli di particolare valore. L’aliquota della patrimoniale «alla francese»? «Crescerebbe al crescere della ricchezza ma quella media sarebbe dell’1% annuo», si legge in un articolo del giovane economista cigiellino Riccardo Sanna pubblicato su Rassegna Sindacale. La tassa scatterebbe al di sopra degli 800 mila euro ma ne sarebbero escluse le piccole imprese. In soldoni, il valore del negozio diviso in proprietà fra un commerciante e sua moglie sarebbe escluso dall’imposta che tuttavia garantirebbe un gettito alto: 15 miliardi l’anno su una ricchezza complessiva delle famiglie italiane stimata da Bankitalia in 8.000 miliardi.
Al di là delle cifre colpisce il diverso approccio culturale al tema del fisco ra Pd e Cgil. «Il bilancio dello Stato pesa sempre più sui lavoratori, il fisco deve riequilibrare», scrive Sanna. Traduzione: la Cgil vorrebbe fare come in Francia anche sull’Irpef, ovvero vedrebbe con favore un’aliquota del 75% sulla quota dei redditi superiore al milione di euro.
«Una follia da anni ’70 che in Francia non ha distribuito meglio i sacrifici fra ricchi e poveri - sbotta Visco - Il fisco innanzitutto non deve essere propaganda. Qualcuno ricorda le due aliquote promesse nel 2001 da Berlusconi? Analogamente la parola patrimoniale, che in Francia porta solo 2 miliardi, evoca fantasmi come la confisca dei beni e poi non è abbastanza equa poiché buona parte dei beni dei ricchi italiani sono già fuori d’Italia». Morale? Per Visco: «Il centro-sinistra deve aiutare il ceto medio e medio basso che paga le tasse e al quale va diminuita l’Irpef. E la via è una sola, faticosa ma ineludibile: stanare l’evasione».