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Pescara, 19/12/2025
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Data: 22/01/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Salvi i tre colonnelli del Pdl: esplode il caso-Pescara.

Alla fine l’hanno spuntata. Sono riusciti a ribaltare il tavolo, cavalcando la rivolta che partiva dall’Abruzzo hanno messo Alfano e Verdini con le spalle al muro. Via la Pelino, via Aracu e via Razzi dai primi tre posti della lista della Camera, via lo stesso Scilipoti che campaggiava anche se non nelle primissime caselle. Con una trattativa durata fino a mezzanotte di domenica, Chiodi è riuscito a rimettere in sella i colonnelli del partito. Ottenendo addirittura che Alfano non fosse capolista in Abruzzo per rendere sicuri e blindatissimi i primi tre seggi della Camera. La lista esce a mezzanotte in punto di domenica dagli uffici di via dell’Umiltà: alla Camera correranno Filippo Piccone come capolista, Paolo Tancredi e Fabrizio Di Stefano, uno dei pochissimi che è riuscito a salvarsi dalla scure di Berlusconi contro gli ex An. A seguire Massimo Verrecchia, Valeria Misticoni, Daniele D’Amario, Quintino Liris, Francesco Raglione, Andrea Parente, Luciana Di Marco, Manuela Fini, Denisso Cupaiolo, Massimo Pastore, Federico Di Lorenzo. Al Senato capolista Silvio Berlusconi, seguito da Gaetano Quagliariello, Paola Pelino, Antonio Razzi, Federica Chiavaroli, Antonietta Passalacqua ed Elicio Romandini.
A mezzanotte Chiodi non mette soltanto in salvo i colonnelli, ma anche la propria reputazione politica: mette al sicuro il fedelissimo Paolo Tancredi e si assicura la riconoscenza vita natural durante di Fabrizio Di Stefano, mettendo a tacere una volta per tutte anche chi insinuava che la rivolta organizzata domenica contro i vertici romani avesse il solo scopo di salvare il seggio del senatore teramano. Ma non mette nel conto che il sacrificio di Pescara, senza candidati nei posti blindati, gli sarebbe costato caro, carissimo. Sono di ieri sera le levate di scudi di Nazario Pagano, Lorenzo Sospiri e Guerino Testa. La più violenta è quella del presidente del consiglio regionale, in pratica spalla di Chiodi fino a due giorni fa, sempre pronto quando c’era da far brillare l’operato della giunta. Ieri, dopo aver sperato fino all’ultimo in un suo ripescaggio nella lista della Camera, ha cambiato registro, minacciando di lasciare il partito e annunciando il suo appoggio alla lista Rialzati Abruzzo al Senato presentata a sorpresa da Carlo Masci. Gli altri se la prendono col governatore, colpevole di aver portato a casa il seggio per Tancredi e di essersene infischiato di Pescara. Il partito è spaccato a metà. Da una parte i reduci del braccio di ferro romano che inneggiano a Chiodi e alla sua capacità di mediazione. Come Di Stefano: «Da questa esperienza esce un partito compatto, la trattativa di domenica registra la vittoria del Pdl abruzzese che ha ottenuto un grande riconoscimento dai vertici nazionali. Vittoria che rappresenta un ottimo viatico per le prossime elezioni regionali». Tutti contenti, adesso. E il salvataggio in extremis dei colonnelli non cancella però un’ombra che era calata su Filippo Piccone quando è uscita la prima lista, quella con Aracu e Razzi, in cui lui compariva al secondo posto al Senato dopo Quagliariello. Il sospetto era che il coordinatore avesse trattato per sè, dimenticandosi della squadra. Un’inezia, rispetto alla rivolta scoppiata a Pescara. E’ amaro il commento di Aracu, finito dal secondo posto alla Camera fuori da tutto: «Dopo 4 legislature salto il turno, non ne faccio un dramma, vuol dire che tornerò ad occuparmi della mia federazione. E’ il partito che ha deciso così».

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