Gianni Chiodi chiama a raccolta la maggioranza di centrodestra. All’appello rispondono in pochi. Troppi assenti, con lo stesso presidente che non è riuscito a essere presente per l’intera riunione. All’incontro presente il senatore Paolo Tancredi, al centro delle critiche del Pdl pescarese, dopo essere rientrato al secondo posto della lista alla Camera. Una candidatura voluta da Chiodi che ha irritato diversi consiglieri regionali per non aver garantito una copertura territoriale adeguata. E mentre la maggioranza si riuniva Chiodi incontrava, in separata sede, un Nazario Pagano. Il presidente del Consiglio regionale aveva una carta da giocare ma gli è rimasta in mano. Oggi Chiodi e Tancredi terranno una conferenza stampa a Teramo per chiarire la loro posizione, forse per raccontare le ultime vorticose 48 ore che hanno ribaltato la politica abruzzese, che hanno promosso, bocciato, escluso molto esponenti politici. 48 ore che hanno sollevato vespai dentro il Pdl, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che hanno visto al Senato esponenti calati dall’alto, politici poco graditi all’ambiente pescarese e soprattutto agli elettori. Pescara poco e mal rappresentata, con nessun rappresentante in una posizione di lista che garantisce l’elezione. Se al Senato i giochi di Quagliariello e Razzi hanno penalizzato l’intero Popolo delle Libertà, alla Camera Chiodi, che in queste ore è apparso come carnefice recita anche un ruolo da vittima. Il senatore Fabrizio Di Stefano si è aggrappato alla giacca di Maurizio Gasparri dopo che era di fatto fuori dai giochi. Di Stefano non ha guardato a territori e rappresentanze fino a quando lo stesso Gasparri ha detto a Berlusconi, e quindi a Chiodi, che Di Stefano ci doveva stare. Punto e basta. Un boccone inghiottito da Chiodi che aveva già minacciato di lasciare ilPdl e seguire altre strade per le future corse alla presidenza dell’Emiciclo. Un boccone agrodolce nel momento in cui Di Stefano veniva posizionato dietro a Paolo Tancredi. Ma proiezioni, sondaggi e ipotesi di voto non hanno aiutato il Pdl. Una coperta corta, con Filippo Piccone che nel frattempo era diventato il terzo senatore che si spostava alla Camera per mantenere un posto al sole. Chi ci ha rimesso, quindi, alla fine, i pescaresi. Non c’era un nome forte capace di spingere e imporsi, c’erano diversi nomi, tante speranze e molte aspirazioni. Una coperta corta si diceva che ha scatenato il malcontento. Chiodi ha cercato di tenere tutti uniti per cercare, con il suo aplomb anglosassone. «Ho restituito l’Abruzzo agli abruzzesi», ha detto. «Se avessi fatto io le liste avrei fatto meglio. Pecco di presunzione ma è così. Mi sembra strano prendere accuse quando le liste predisposte dagli organi nazionali avevano segnato la debacle del Pdl. l’esito finale - ha concluso Chiodi - è confortante per come si era messa. Le liste potevano essere migliori senza dubbio». Chiodi guarda alla futura regione e promette il giusto peso per i pescaresi, che forse hanno pagato caro il dualismo. «Un dualismo - ha aggiunto Chiodi - che non giustifica il fatto che si potevano fare altre scelte. Il risentimento di Pescara è legittimo ma non può essere attribuito a me». L’ultimo movimento fatto da Chiodi con forza è stato quello di spostare Razzi dalla Camera al Senato, per dare almeno alla Camera una lista di candidati dal sapore abruzzese. Certamente all’appello manca un pescarese al quarto posto. Forse inutile per l’elezione ma certamente qualificante per l’unità del partito. Alla fine è emerso il ruolo di Federica Chiavaroli che sin dal primo momento ha cercato, da pescarese, di mediare le diverse posizioni, fino al punto di mettere a disposizione la sua candidatura in nome del partito, per far capire che i voti non possono essere dispersi, che un discorso politico sull’Abruzzo deve continuare per evitare di perdere il controllo della Regione. Capiranno Pagano e Sospiri questo passaggio? Il responso verrà dalle urne.