ROMA Mentre il presidente di Confindustria, Squinzi, loda la Cgil - «Non è vero che questo sindacato ferma le riforme» - Mario Monti continua la sua offensiva contro la confederazione guidata da Camusso. Ma nel mirino del premier ci sono anche Pier Luigi Bersani e Silvio Berlusconi. «La riforma del lavoro non è andata avanti abbastanza per colpa di un sindacato che ha resistito decisamente al cambiamento», ha detto Monti al World economic forum di Davos. Chiara l’allusione alla Cgil. E puntando l’indice contro il Cavaliere: «All’altro estremo dello spettro politico un partito di destra ha frenato la legge anti-corruzione».
UNIRE I RIFORMISTI
Da questi due stop, Monti parte per lanciare il suo manifesto elettorale: «Proprio per superare questi ostacoli e portare nuova linfa all’economia italiana e aiutare imprese, disoccupati e giovani, dobbiamo unire le forze pro-riforme per fare di più». Detto che le «riforme più difficili serviranno coalizioni più ampie». E «l’idea che potrei promuovere» dopo le elezioni, «è quella di unire le forze riformiste che ora sono disperse negli schieramenti politici al fine di avere più energia per le riforme strutturali».
A Davos, Monti si becca gli elogi di molti economisti e capi di governo. E il professore passa all’incasso: «L’anno scorso qui in Svizzera c’era incertezza se l’Italia ce l’avrebbe fatta a superare i problemi di finanza pubblica, ma il Paese ha saputo reagire meritando il rispetto di tutta la comunità internazionale. Tant’è, che quest’anno si è parlato di Italia in modo positivo, come uno dei fattori di progresso in Europa. E’ la prima volta che c’è una sessione specifica sul nostro Paese».
ALTOLÀ A BERSANI
E veniamo a Bersani. Al segretario del Pd, Monti lancia due messaggi. Il primo è un altolà: «Invito Bersani a non parlare di polvere sotto il tappeto» riguardo ai conti pubblici: «Perché, al di là della sua volontà, può suonare sinistro sui mercati internazionali dando l’idea che ci siano cose nascoste nel bilancio pubblico». Il secondo è una risposta. Al segretario del Pd che in mattinata gli aveva chiesto di inserire la questione degli esodati nella sua agenda, Monti replica: «L’agenda è in corso di integrazione con molti contributi della società civile. 140mila esodati sono comunque già salvaguardati».
IL CAVALIERE E IL FISCO
Non può mancare un’altra bordata dedicata a Berlusconi. Questa volta lanciata dalla sua pagina di Facebook: «Di chi sono le tasse che pagano gli italiani? Il 67% delle imposte aggiuntive introdotte nel 2012 è stato deciso dal governo di Berlusconi, Tremonti e Bossi». E aggiunge: «Il taglio delle tasse passa necessariamente dalla riduzione della spesa che solo un governo credibile può mettere in campo». Aggiunta fatta a Davos: «Il prossimo esecutivo avrà 5 anni di tempo, partendo da finanze pubbliche non compromesse, per attuare una riduzione fiscale graduale e sostenibile e una politica dis sostegno all’economia».
A Davos non potevano mancare capitoli dedicati all’Europa. Così Monti torna alla carica con la proposta di non computare nel bilancio dello Stato le “spese buone” per gli investimenti in reti e infrastrutture: «Bisogna avere una visione più lungimirante, quando tra poco affronteremo il negoziato finale del bilancio europeo penso che sia contro il buonsenso non vedere il potenziale per le economie di scala di un bilancio un po’ meno restrittivo rispetto a quanto siamo obbligati o desiderosi di fare con i nostri bilanci nazionali».