Una montagna di debiti. Sono quelli accumulati dal trasporto pubblico a Napoli e in Campania negli ultimi anni. Costi troppo alti, gestioni superficiali, scelte sbagliate della politica: il risultato è che, da una parte all'altra della regione, le aziende hanno approvato bilanci in rosso. E a farne le spese sono lavoratori e utenti. È riesploso in queste ore il caso dell'Anm, l'azienda di mobilità del Comune di Napoli che da tempo soffre per la mancanza di risorse. Il disavanzo per il 2011 è stato di 27 milioni di euro, di cui 7 di interessi passivi. Una situazione di grande difficoltà che il manager Renzo Brunetti ha dovuto fronteggiare anche nel 2012. A complicare la situazione, fanno sapere dall'Anm, sono in particolare due fattori: i pesanti tagli di governo e Regione (il 23 per cento nel 2010 e il 33 per cento nel 2011) e i crediti non riscossi da Palazzo San Giacomo e da Palazzo Santa Lucia che sfiorano complessivamente i 300 milioni. Se a questo quadro di forti criticità si aggiungono gli aumenti record delle polizze Rc auto (tre anni fa per assicurare un pullman si spendevano 7mila euro mentre oggi ne servono 25mila), i rincari sui costi dei carburanti (il prezzo del gasolio è salito del 30 per cento) e le alte percentuali di evasione (un passeggero su due non paga il biglietto), i conti non tornano. Meno drammatica, invece, la situazione di un'altra partecipata del Comune partenopeo che si occupa del trasporto su ferro: Metronapoli, che gestisce le linee del metrò dell'arte, ha chiuso il bilancio del 2011 con 1,8 milioni di perdita in recupero rispetto all'anno precedente (il passivo era di 3,1 milioni). Sostanzialmente sotto controllo, poi, il rapporto tra entrate e uscite in Napolipark, società mista a cui è affidato il controllo della sosta nelle strisce blu. E allora, puntando sulle aziende maggiormente virtuose, l'amministrazione guidata dal sindaco Luigi de Magistris ha deciso di dar vita ad un polo unico dei trasporti che scatterà nei prossimi mesi. Un crac in extremis è stato scongiurato dalla giunta Caldoro. Nell' occhio del ciclone, infatti, è finito qualche tempo fa il gruppo Eav, la holding dei trasporti della Regione: l'indebitamento ammonta a 600 milioni, forse di più. Già, perché è impossibile, al momento, certificare con esattezza il deficit complessivo. Quattro le società controllate dalla holding con i bilanci in rosso: Sepsa, Circumvesuviana, Metrocampania Nord-Est e Eav Bus. Per quest'ultima a fine 2012 è iniziata, a fronte di un deficit di 38 milioni, la procedura di fallimento. Clamorosa, poi, la vicenda della Circumvesuviana che, da sola, ha accumulato un debito di 200 milioni. Come se non bastasse a turbare il sonno dell'amministratore unico Gennaro Carbone è una vertenza sindacale che va avanti da mesi. L'azienda ha proposto a macchinisti e capistazione l'aumento della produttività; i sindacati hanno risposto chiedendo buste paga più pesanti. Le conseguenze del braccio di ferro sono sotto gli occhi di tutti: corse cancellate all'improvviso, treni fuori uso, passeggeri lasciati a piedi e costretti a ricorrere alla macchina privata, a mezzi alternativi o all'autostop. Per far fronte all'enorme mole di debiti la Regione ha chiesto e ottenuto dall'esecutivo l'adozione di un piano di rientro ad hoc, che vale però solo per il trasporto su ferro (Sepsa, Circumvesuviana e Metrocampania Nord-Est). Il primo passo è la nomina di un commissario, avvenuta nelle scorse settimane: il supertecnico - Pietro Voci, dirigente del ministero dell' Economia - dovrà tracciare una mappa dei debiti e dei crediti complessivi delle aziende. A questo punto sarà possibile elaborare un piano di rientro da sottoporre all'approvazione del Tesoro. I circa 600 milioni di debiti verranno spalmati nell'arco di 5 anni attraverso una serie di accordi con i creditori mentre in parallelo le società, alleggerite dalla zavorra del deficit, potranno continuare ad operare e a garantire i servizi ai cittadini. Salvi i livelli occupazionali. L'intervento sarà finanziato con fondi Fas (200 milioni). E il Ctp, il Consorzio dei trasporti della Provincia di Napoli, ha a sua volta certificato una perdita di 26 milioni. Se ci si sposta nelle altre province, la musica non cambia: l'Air di Avellino ha un passivo di 5 milioni, il Cstp di Salerno è in liquidazione, l'Acms di Caserta è già fallita. «Tutta colpa della scure del governo», tuonano politici e manager. Ma a quanto ammontano i tagli? Gli esperti stimano, dal 2009, una perdita di circa il 20 per cento ogni anno. Nel 2010 l'esecutivo dava alle Regioni, attraverso il fondo nazionale, 2 miliardi e 50 milioni. L'anno successivo l'importo ammontò a 2 miliardi: alla Campania spettarono 256 milioni, più 50 milioni per i servizi di Trenitalia. Per il 2012 le Regioni, dopo una lunga trattativa, ottennero un miliardo e 748 milioni ma solo perché furono dirottati sui trasporti 148 milioni dell'edilizia sanitaria. In sede di ripartizione la Campania ebbe circa il 10 per cento del totale, ovvero 174 milioni, ben 112 in meno del 2011. E per il 2013 si prevede un ulteriore taglio di 500 milioni del fondo nazionale per cui a disposizione delle Regioni ci sarebbe un miliardo e 200 milioni: meno della metà di quanto chiesto dai governatori.