PESCARA «Lei ha ricevuto denaro da Angelini?». E' una delle domande dirette, senza giri di parole, che il Pm Giampiero Di Florio ha posto ieri nell’aula del tribunale di Pescara all'onorevole Sabatino Aracu, uno degli imputati eccellenti del processo sullo scandalo della sanità. Aracu ha risposto altrettanto seccamente, durante il suo esame: «No, mai».
Accusato di essere stato uno dei più riforniti di denaro dall’imprenditore da Vincenzo Angelini, imprenditore della sanità privata nonché patron del gruppo Villa Pini, e incastrato dal memoriale della moglie, Maria Maurizio, che al tribunale ha raccontato delle visite in casa sua di Angelini e dell’ex manager dell’Asl teatina Conga, che avrebbero portato pacchi di soldi che non riusciva neppure a far entrare nella cassaforte, Aracu ha negato tutto, ma il suo interrogatorio non è finito e riprenderà alla prossima udienza dell'8 febbraio, con il capitolo Masciarelli.
«Angelini -ha detto Aracu- non mi ha mai portato un euro e io non gli ho mai chiesto nulla. Mia moglie è bugiarda».
Ma poi ha dovuto ammettere di aver ricevuto dei regali dal suo principale accusatore. «A Natale 2002 mi fece recapitare un Rolex Cellini e un bracciale per mia moglie. Voleva accreditarsi con me». «Con Angelini -ha proseguito- non volevo parlare: con lui avevo qualche problema. Mia cognata lavorava da lui e lui la licenziava per un mese, poi la riassumeva. Mi dissero: guarda che lo fa perché vuole che tu lo chiami. Ma già immaginavo che volesse fare delle pressioni per l'assessore alla sanità che era stato appena nominato, Erminio D'Annunzio. Mi diceva che avevo messo a quel posto il suo peggior nemico che lavorava da Pierangeli». «E poi?», incalza il Pm. «Sarà venuto a casa mia tre volte. Si presentava senza preavvertire alle otto del mattino e fumando il sigaro». Ma il motivo di quelle visite non è poi stato chiaramente spiegato dall'imputato. «Ho visto -ha detto ancora Aracu- l'elenco delle dazioni che Angelini asserisce di avermi elargito, ma non ha mai fornito una data precisa, ha sempre e solo parlato delle date dei prelievi».
Poi Di Florio passa a parlare dell'acquisto della casa di Pescara. «Si, è vero -risponde Aracu- , per quella casa che costò 830 mila euro pagai 380 mila euro in contanti, ma avevo la disponibilità e ve lo spiego, anche se non dovrei essere io a provare la mia onestà, ma semmai voi a dimostrare il contrario. Ero socio occulto del call center 3G e la società di Claudio Ostini, la 3G Consulting, che lavorava per la 3G, mi dava 18mila euro al mese».
IL PIZZINO
Altro capitolo dell'interrogatorio il famoso pizzino di cui parlò la moglie di Aracu, che il parlamentare, in occasione di un pranzo in un ristorante romano, si sarebbe passato con Domenici. Foglietto dove erano segnati nomi di imprenditori e non solo, con a fianco un ok che, secondo il racconto della Maurizio che era presente, rappresentava l'elenco di chi avrebbe dovuto versar loro dei soldi. «Non è vero -è stata la dura risposta di Aracu- Riconosco la mia scrittura, ma era soltanto un appunto che non ha data e che io usavo prendere alla Camera per ricordare a chi telefonare. E' un mio memorandum. E' un reato?». «C'era anche il nome di Fabio Maresca -gli chiede il Pm- , che le avrebbe versato dei soldi in nero». «Maresca -è stata la risposta- è una persona contattata in campagna elettorale e portata da Venceslao Di Persio che era il mio mandatario. Quei soldi non li ho mai visti, chiedetelo semmai a Di Persio». «Conosce Conga?», chiede l'accusa. «Lo conoscevo perché veniva al partito».
PIERANGELI
Prima di Aracu, ieri mattina, era stato interrogato l'ex direttore dell'Agenzia sanitaria regionale, Francesco Di Stanislao che ha spiegato, numeri alla mano, come predispose il piano di rientro e come operò i tagli del budget e dei posti letto per le cliniche private. Ha parlato delle irregolarità di Angelini con i ricoveri ripetuti, ma anche di quelle di Pierangeli con i suoi «tantissimi ricoveri ad alto rischio di in appropriatezza». «Cercai di mediare tra Angelini e l'Aiop di Pierangeli, ma ero soltanto un tecnico». E l'accusa non riesce a fargli dire perché e chi volle che il budget provvisorio venisse stilato sulla scorta dei contratti sottoscritti dalle cliniche prima dell'arrivo di Del Turco, nonostante quest'ultimo avesse sempre sostenuto che il suo governo era stato impegnato per trenta mesi dai quei contratti «dannosi». «Perché erano gli unici dati certi che tutte le cliniche avevano sottoscritto e mai contestato. Dissi alle cliniche che era la politica che voleva così», è stata la risposta di Di Stanislao.
Maurizio Cirillo