Gira ancora intorno all’Imu la campagna elettorale di Silvio Berlusconi. Se il centrodestra vincesse le elezioni l’imposta sulla prima casa non solo sarà cancellata «nel primo Cdm», ma i cittadini si vedrebbero rimborsato tutto quello che hanno versato per la loro abitazione principale nel 2012. La restituzione - ha assicurato il Cavaliere - avverrebbe entro il primo mese di governo, in contanti o con accredito sui conti correnti, «peserebbe» per 4 miliardi di euro che sarebbero recuperati «attraverso lo snellimento del costo dello Stato» e un accordo fiscale con la Svizzera sulla tassazione del capitali italiani depositati nelle banche elvetiche. È questa la «proposta-choc» che dal Pdl avevano annunciato ormai da giorni e che Berlusconi ha spiegato nel corso di un’affollatissima «conferenza stampa aperta al pubblico» al Centro congressi di Milano. Una promessa in grado di solleticare le corde giuste di una popolazione vessata da un anno in cui la pressione fiscale in Italia ha toccato vette mai raggiunte, ma al tempo spesso bollata come «ennesima balla» da tutte le forze politiche antagoniste al Pdl. Di fatto, l’idea del Cav diventa la «main news» per tutti gli organi d’informazione e viene rilanciata con grande enfasi anche dalla stampa estera. Berlusconi arriva nei padiglioni dell’ex Fiera intorno alle 11.10. La sala è gremita, oltre a giornalisti c’è anche tutto lo stato maggiore del Pdl, compreso quel Daniele Capezzone che alcuni vorrebbero vero ideatore della «proposta-choc». Alcuni tra i fedelissimi sono travolti dall’onda dei sostenitori accorsa a Milano. L’entusiasmo è palpabile, il Cavaliere non si lascia sfuggire l’occasione e interloquisce anche con una fan: lei gli grida «sei un mito», lui replica «e pensare che per altri sono un contaballe». Dopo l’inno di Mameli il leader di Pdl passa alcuni minuti a «scaldarsi», rinnovando le accuse al governo tecnico, che «ha sovvertito la volontà popolare» e ha portato il Paese «dentro la spirale recessiva di caduta dei consumi, di troppe tasse e di recessione». Ma subito dopo arriva l’affondo: non solo «la cancellazione dell’Imu sulla prima casa nel primo Cdm dopo la nostra vittoria, come facemmo nel 2008 con l’Ici», ma soprattutto «un atto simbolico di pace dal fisco verso gli italiani, che ridia fiducia ai cittadini nello Stato. Nel primo Cdm restituiremo interamente l’Imu sulla prima casa pagata dai cittadini nel 2012». L’operazione, argomenta il Cavaliere, «vale 4 miliardi, un duecentesimo del costo della nostra macchina dello Stato», quindi la copertura sarà garantita «riducendo del 2% all’anno le spese dello Stato». Non solo, a coprire la spesa ci sarà anche «un accordo con la Svizzera per la tassazione delle attività finanziarie detenute dai cittadini italiani». Un’intesa che, secondo Berlusconi, sarà capace di produrre un gettito una tantum di 25-30 miliardi e a regime di 5 miliardi all’anno. E se questi soldi non fossero disponibili da subito, ad anticipare la cifra «sarà la Cassa depositi e prestiti». «Per la prima volta - scherza - gli italiani potranno sorridere dopo aver ricevuto una lettera dal fisco». Non è l’unica proposta snocciolata da Berlusconi a Milano. Il Cavaliere parla anche di «immediata cancellazione del finanziamento pubblico ai partiti», di «graduale riduzione dell’Irap, nessun aumento dell’Iva e nessuna patrimoniale». «Solo chi è intelligente sa ridurre la spese - la sua provocazione - mentre anche un imbecille sa inventare nuove tasse». In virtù di queste nuove proposte, e anche scorrendo gli ultimi sondaggi della fidata Euromedia che danno il centrodestra a soli 2,6 punti percentuali dalla coalizione Pd-Sel, il presidente del Pdl si dice «sicuro di vincere» e rivendica per sé il ruolo di ministro dell’Economia, «sempre che Angelino Alfano mi confermi la fiducia». Ma a gelare gli «aficionados» del Cav è il parere dell’avvocato e notaio svizzero Paolo Bernasconi, autore tra l’altro della legge elvetica anti-riciclaggio: «Nessuno al mondo è in grado di calcolare l’ammontare del ritorno di un simile accordo fiscale - spiega Bernasconi - perché dipende dall’aliquota dell’imposta liberatoria». E «comunque vi è il rischio che tutto sia bloccato da una richiesta di referendum che ritarderebbe l’iter di almeno 4-5 anni».