TERAMO Il Braga che suona l'inno di Mameli con il ritmo di una marcia funebre. Il senatore Tancredi che sale sul palco e rifila una bordata al rivale Gatti. E il popolo del Pdl, quasi al completo, che gremisce il cineteatro. Tre immagini bastano per riassumere la convention-evento di ieri mattina a Teramo. Il Pdl c’era tutto, o quasi. Si fa prima a dire chi non c'era: oltre agli ex An di Chieti (leggi Di Stefano, Febbo e Di Primio) mancava naturalmente Gatti. Ma c'era il sindaco di Pescara, Luigi Albore Mascia: mano destra al petto, mentre i ragazzi del Braga, un trombone e altri due fiati, sotto lo sguardo del neo rettore, Luciano D'Amico, intonavano l'inno di Mameli, o meglio l'inno della sopravvivenza, eseguito col ritmo di un dies irae come protesta per l'istituto musicale che muore. Ma in platea nessuno si accorge che è una protesta. Tutti si alzano e abbozzano in coro parole come elmo, Scipio, Italia, fratelli: chissà chi le ricordava tutte. Ma passiamo alla convention che parte con Alberto Fortis e la sua "Settembre": chissà perché. L'arrivo di Paolo Tancredi, con al seguito Paola Pelino e il sindaco di Pescara, sembra l'ingresso di Balotelli al Meazza. La prima a prendere la parola è però la presentatrice, Maria Rita Piersanti, solo per dire che i pompieri non danno l'ok ad iniziare se la folla del Pdl non lascia liberi i corridoi di fuga. Divertente è poi il duetto Chiodi-Piersanti sul titolo di Panorama, del miracolo non di Lourdes ma abruzzese, che sembra improvvisato e spontaneo invece è da copione. Lo si legge sul brogliaccio che l'onnipresente Guido Campana tiene in tasca. Entriamo nel vivo: rompe il ghiaccio il giovane assessore di Roseto Fabrizio Fornaciari che taccia la sinistra «il partito delle tasse», cita il Vate, cioè D'Annunzio, «chi osa vince» e conquista Chiodi. Tocca quindi a Rita Ettore, gonna attillata ed emozione a fil di pelle, che se la cava bene come dimostra l'applausometro che, da questo momento in poi, diventa un crescendo prima per la Pelino, quindi per Quagliariello, che martedì a Pescara presenterà la sua opera: la biografia di De Gaulle. Chiodi lo incalza, fa lo splendido: «Visto», dice, «ci sono politici che sanno anche scrivere». Ma lui, il senatore che non piace a Verdini, strappa l'applauso finora più forte quando cita Antonio Tancredi per l'amore «per la cultura, la politica e la propria terra». La standing ovation peròdeve ancora arrivare. Paolo Tancredi non se lo becca quando, in sintesi, dice che Quagliariello non è un paracadutato e lui non è un ripescato. Né quando ringrazia Carla Castellani, per essersi fatta da parte lasciandogli un posto in prima fila. Né quando parla dei precari mandati a casa e consola Catarra, presidente della Provincia indagato. Il boato di scrosci Tancredi lo scatena quando dà una bordata al rivale del quale non fa il nome. Ma si capisce subito chi è, perché Tancredi parla di quello che «qui non c'è» e che «ha perso al congresso». Indovinello facile: la risposta è Gatti, passato con i Fratelli d’Italia. Dal quale Tancredi non accetta frasi come: «Il Pdl non è più un partito». E lo stronca con un: «Ci ha usati come una carrozza».Gli dà dell'opportunista e parte il boato. Applaudono tutti, da Brucchi a Pagano, in prima fila, al sindaco Albore Mascia, che si scopre fedelissimo di Chiodi, Tancredi & Co. Come se la sua città, la più importante di tutte rimasta senza candidati, avesse abdicato a Teramo ogni ambizione abruzzese.