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Data: 06/02/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Verso il voto del 24 febbraio - Prove di dialogo Bersani-Monti «Insieme contro il berlusconismo». Il segretario: pronti a collaborare, Pdl-Lega fermi al 24% Il premier: sì se è per le riforme, giù Irpef e Irap già nel 2014

ROMA Già lo chiamano il patto di Berlino. Succede che Pier Luigi Bersani va nella capitale tedesca, vede il super ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, parla da premier in pectore, assicura che l’Italia «onorerà gli impegni economici e di rigore», perora «una grande Europa», critica la Gran Bretagna che se ne tira fuori, e alla fine fa una apertura impegnativa a Mario Monti che segna a suo modo una svolta in questa campagna elettorale. «Sono prontissimo a collaborare con le forze contrarie al berlusconismo, al leghismo e al populismo, quindi pronto alla collaborazione con Mario Monti». Una intesa che il leader del Pd intende come prospettiva strategica, non solo perché costretto dai numeri, «siamo pronti a collaborare sia che stiamo al 49 per cento sia che stiamo al 51».
Torna quindi il famoso patto tra progressiti e moderati che Bersani ha lanciato ormai da tempo, che causa campagna elettorale si era offuscato e che adesso il segretario democrat rilancia in grande stile. Bersani non chiede più a Monti «da che parte sta» o di chiarire «contro chi combatte». No, adesso gli chiede tutt’altro, di ritrovarsi dopo il voto, e non certo solo per bere un caffè.
APERTURA ESPLICITA

Un’apertura esplicita, netta, che il premier raccoglie subito, così come Pier Ferdinando Casini. «Apprezzo le parole del segretario del Pd, sono disponibile alla collaborazione ma solo per fare riforme serie», scandisce Monti, che però torna a sottolineare la distanza che lo separa da Nichi Vendola. Stesso concetto esprime Casini: «Siamo disponibili a governi che abbiano l’impronta del riformismo, non certo a governi che nascano all’insegna di ”No tav”, ”No riforma dell’articolo 18”, o ”No alle liberalizzazioni”», in sostanza, spiega il leader centrista, «i no di Vendola non aiutano una prospettiva riformista».
SEGNALE SUL FISCO

Monti era in giro elettorale nel Nordest, e proprio da lì ha voluto mandare un messaggio sul tema della tassazione, annunciando che «sarà possibile ridurre l’Irpef e anche l’Irap a partire dal 2014». In mattinata, una sua frase aveva provocato qualche sorpresa e interrogativo all’interno delle forze di Lista civica, laddove Monti aveva detto di «non essere salito in politica per offrire un’ancora di salvataggio a Casini e a Fini». «Io non sono certo preoccupato della crescita della Lista Monti, lo sarei del contrario», ha sottolineato Casini.
Le aperture e le prove di dialogo mettono subito in allarme Nichi il rosso. «Il professor Monti è incompatibile con Vendola nel governo del Paese», scandisce parlando di sé in terza persona: «Il centrosinistra che è fatto da Pd e Sel è stato fondato da tre milioni di elettori e non ha bisogno di nessuna presenza del professor Monti». Uno scoglio insuperabile, gli altolà e i niet di Vendola? Il Pd cerca di tenere la barra coprendo entrambi i fronti, quello dell’alleanza con Vendola e l’altro dell’intesa con i moderati. Si incarica Dario Franceschini di rendere chiaro il concetto, ricorrendo allo schema del ”bilanciamento”: «Ove mai dopo il voto ci fosse l’ipotesi di allargamento a un pezzo moderato, il Pd sarà il baricentro e Vendola servirà a bilanciare a sinistra».

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