ROMA «Pronti a collaborare». Non c’è supponenza nella parole con le quali Pier Luigi Bersani accoglie la disponibilità che Mario Monti dà per la prima volta ad una «grande coalizione». Non è però soltanto la paura di un possibile ritorno sulla scena di Silvio Berlusconi a spingere il segretario del Pd verso il Professore. Piuttosto la crescente consapevolezza, riscontrata anche ieri nel corso della sua trasferta a Berlino, che anche oltre frontiera la possibile vittoria del centrosinistra - Sel compreso - non viene vissuta come una pericolosa minaccia e che la disponibilità ad ampliare al centro la maggioranza conferisce al prossimo governo un sostegno molto ampio e simile alla grande coalizione che, sempre a Berlino, ha permesso di realizzare grandi riforme.
LENZUOLA
«Se otteniamo il 51 lo usiamo come il 49, con alleanze con tutte le forze che non siano eredi del berlusconismo e del leghismo», ha ripetuto ieri Bersani incontrando i vertici della Spd e il ministro delle Finanze Wolfgang Schauble. Ai tedeschi piace il pragmatismo del segretario del Pd e la fama di liberalizzatore che gli deriva dalla «lenzuolata» messa a punto durante l’ultimo governo-Prodi, veniva ieri ricordata dai quotidiani tedeschi insieme a quella ormai altrettanto nota capacità di parlare attraverso improbabili metafore.
Resta il fatto che nel Pd, al di là delle aperture ai centristi, resta valido ciò che ieri ribadiva il capogruppo del Pd alla Camera: «Noi puntiamo ad avere l'autosufficienza alla Camera e al Senato, in modo che un eventuale allargamento sia una scelta politica e non una costrizione numerica». Come dire prima vinciamo e poi decidiamo noi come e se allargare.
GRANDE COALIZIONE
Il timore che già prima del voto si scateni la tentazione di molti di salire sul carro del possibile vincitore, nel tentativo di azzopparne il successo e spingere il Paese verso una nuova larga coalizione con Monti nel ruolo di perno, è reale a largo del Nazareno. Infatti ieri mattina Monti, con la sua mano tesa, non avrebbe solo provato a rendere più o meno fungibile il voto dato alla sinistra o ai centristi, ma ha di fatto disegnato la prospettiva di un governo senza le ali di Sel e Lega. Più o meno una riedizione della maggioranza che ha governato nell’ultimo anno e che magari permetta di completare l’agenda-Monti. E’ per questo che Bersani ha chiesto a Vendola di accentuare l’iniziativa politica attaccando Monti. Il rischio che si avverte in questi giorni nello staff di Bersani è che si concretizzi la profezia di Walter Veltroni. Ovvero che alla sinistra del Pd, malgrado l’alleanza con Sel, resti sempre e comunque uno spazio del 4-5%, ora preda di Ingroia, e che l’accoppiata Scelta Civica-Rivoluzione Civile impedisca la vittoria al Senato consegnando a Monti il baricentro della nuova coalizione. Facendo leva sulla preoccupazione che circola a Berlino per un possibile ritorno del Cavaliere, Bersani ieri ha ribadito allo stato maggiore del Spd che «il Pd è l’unico a poter battere la destra», ma ha anche spiegato alla Merkel, grande amica ed estimatrice di Monti, che «l’Europa deve riequilibrarsi» e che anche la Germania deve comprendere che l’euro non può essere un vantaggio solo per i tedeschi.