ROMA Tornare al voto in caso di maggioranza incerta dopo i risultati del 25 febbraio? L’ipotesi adombrata in un’intervista dal responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, appare decisamente peregrina a Pier Luigi Bersani: «Un Paese serio - osserva il candidato premier del centrosinistra - non può continuare a inseguire le elezioni». Il segretario del Pd, d’altra parte, si dice «certo che gli italiani prenderanno una direzione di marcia per il cambiamento», consentendo a chi «arriverà primo nel Paese di governare sia alla Camera che al Senato». E tuttavia, davanti all’ipotesi che definisce «fantasiosa» che «Berlusconi prenda il Senato con la Lega», Bersani premette un deciso no ad ogni scenario di unità nazionale: «Non mi si chieda un accordo con il Cavaliere. Dopo dieci anni anche io, come gli italiani, sono arrabbiato. Inciuci e grandi coalizioni non sono più possibili».
Per non finire in una palude che alcuni sondaggi sembrano ritenere possibile, il segretario democrat rilancia la sua proposta di un intervento da 50 miliardi in cinque anni per ripianare i debiti della Pubblica amministrazione verso le piccole e medie imprese. Mentre anche Scelta Civica, il raggruppamento guidato da Mario Monti, fa una mossa di rilievo in campo fiscale, proponendo un taglio alle tasse, in particolare a Irpef e Irap con una riduzione anche dell’Imu.
DIALOGO DIFFICILE
Proposte - quelle di Bersani e Monti - che animeranno il dibattito su un’eventuale intesa postelettorale tra le rispettive forze, ipotesi sulla quale torna il segretario democrat, ribadendo «la disponibilità a discutere con tutte le forze non leghiste, berlusconiane o populiste», ma tenendo fermo il punto che «con Vendola abbiamo un patto e una parola sola e il nostro obiettivo è di essere autosufficienti, anche se non ci chiuderemo al confronto». Confronto che però appare decisamente problematico a Pier Ferdinando Casini, il quale ribadisce di «non vedersi in un governo accanto a Vendola. I papocchi - afferma il leader Udc - non hanno senso. Un pasticcio non serve alla democrazia italiana. Capisco i problemi della sinistra che teme il pareggio al Senato, ma non può pensare che noi si faccia da stampella».
Tornando sulla sua proposta destinata a «dare ossigeno alla Pmi», Bersani la definisce «ragionevole e sostenibile: i mercati sanno bene che sono soldi dovuti. Il nostro impegno è di emettere titoli di Stato dedicati per un valore di 10 miliardi per cinque anni, perché ci sono un sacco di piccole e medie imprese che perdono lavoro e uno dei problemi fondamentali è la liquidità. La P.A. non paga, e bisogna trovare risorse». Tra le frecce all’arco del leader del Pd anche una proposta per un severo irrigidimento della lotta all’evasione fiscale che «non escluda il carcere per i reati più gravi». Anche se Bersani si rende conto che, «essendo il problema talmente endemico», c’è da chiedersi «quante carceri dovremmo fare?».
Da parte sua, anche la coalizione di Monti sceglie i temi fiscali per le ultime proposte della campagna elettorale: il preventivato taglio all’Irpef ridurrebbe il peso dell’imposta per oltre 15 miliardi nell’arco dell’intera legislatura. Quanto all’Irap, si parla di un dimezzamento per oltre 11 miliardi di riduzione del gettito. Il piano di Scelta Civica comporta anche un intervento sull’Imu, aumentando la detrazione sulla prima casa da 200 a 400 euro e raddoppiando le detrazioni per i figli a carico. Prevista anche una detrazione per anziani soli e disabili. Il tutto per un massimo fino a 800 euro, con una riduzione del gettito di circa 2,5 miliardi.