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Pescara, 19/12/2025
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Data: 10/02/2013
Testata giornalistica: Il Centro
D’Alfonso, rischio carriera la prescrizione può aiutarlo

In caso di condanna, il futuro dell’ex sindaco sarà deciso dall’interdizione definitiva o temporanea dai pubblici uffici. Quasi estinte le corruzioni contestate

PESCARA Dalla candidatura, preannunciata, alle prossime Regionali, all’esilio, temporaneo o perpetuo, dalla scena politica. Davanti al tribunale è in ballo non solo la “tenuta” di un’inchiesta che ha spazzato via un’amministrazione a 8 mesi dall’insediamento bis, ma la carriera politica, tranciata bruscamente dall’arresto del 15 dicembre 2008, di Luciano D’Alfonso. Che al Centro, la scorsa estate, dichiarò di essere pronto a raccogliere l’eredità di Gianni Chiodi in caso di assoluzione. Ma un’eventuale condanna come influirà sul futuro dell’imputato principale? L’entità della pena determinerà automaticamente il “peso” dell’interdizione dai pubblici uffici e dunque il periodo di esclusione dall’agone politico: in caso di reclusione non inferiore a 5 anni, il codice prevede l’interdizione definitiva, la perdita del diritto di elettorato o di eleggibilità, nonché degli uffici di tutore o curatore, delle cariche accademiche, di assegni, stipendi o pensioni a carico dello Stato. Se la pena inflitta fosse non inferiore ai 3 anni, ma sotto i 5, l’interdizione sarebbe parziale (da 1 a 5 anni). E’ un calcolo che proietta direttamente nel cuore della sentenza: perché solo alla luce del tipo di reati contestati che farà breccia nel collegio dei giudici, si potrà verificare se D’Alfonso debba ritenere conclusa oppure no la propria avventura politica, almeno fino all’esito del giudizio di secondo grado. Ma alla difesa è riservata una fiche di riserva, che può annullare – in tutto o in parte - gli effetti anche della pena accessoria: la prescrizione, l’estinzione cioè del reato, consunto dal trascorrere del tempo. Le accuse di corruzione, infatti, sono vicine al traguardo della prescrizione: non sopravviveranno a un eventuale appello, qualunque sarà la sentenza del tribunale. Stesso dicasi per altre accuse minori (appropriazione indebita, truffa, falso). In secondo grado, le prescrizioni potrebbero favorire eventuali sconti, modificando anche la durata dell’eventuale interdizione comminata dal tribunale di Pescara. E’ scontato che la discussione in camera di consiglio si giocherà sulla sussistenza delle accuse di associazione per delinquere – e dunque sull’esistenza di una squadra d’azione con ruoli gerarchici capitanata da D’Alfonso e adusa a commettere una serie sistematica e indeterminata di reati –, di concussione – cioè le presunte pressioni che l’ex sindaco avrebbe esercitato sugli imprenditori per costringerli a pagare – e di peculato, concretizzatosi secondo il pm nell’utilizzo di beni del Comune per fini personali. Reati, tutti, lontani dalla prescrizione. Una sentenza che cancellasse l’associazione per delinquere (come nel processo Ciclone), e sfrondasse peculati e concussioni, diraderebbe le nubi che coprono l’orizzonte politico dell’ex leader regionale del Pd, a prescindere dal verdetto sulle corruzioni e gli altri reati. Tra la condanna pesante e l’assoluzione, la terza via: la condanna soft. Esito pilatesco, sarebbe. Comunque utile per preparare la ridiscesa in campo.

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