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Pescara, 19/12/2025
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Data: 12/02/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tutti assolti con D’Alfonso. A quattro anni dall’arresto l’ex sindaco di Pescara riabilitato dal tribunale

Caso Housework: sentenza con formula piena per gran parte dei 24 imputati

A quattro anni dall’arresto e dalle dimissioni l’ex sindaco di Pescara viene riabilitato dal tribunale. Il Pubblico ministero Gennaro Varone lascia l’aula senza commenti, scontato l’appello della Procura

PESCARA Tutti assolti da tutti i capi di imputazione, quasi tutti con la formula piena. Così è finito ieri il processo all’ex sindaco di Pescara Luciano D'Alfonso e ad altri 23 imputati per presunte tangenti e altro. Quando il presidente del collegio, Antonella Di Carlo, entra in aula insieme ai due giudici a latere, Colantonio e Di Geronimo, per leggere la sentenza dopo due sole ore di camera di consiglio, la tensione è palpabile. L’aula del tribunale è affollatissima. Piena di avvocati, giornalisti, fotoreporter, cineoperatori. Mai vista tanta gente: molti politici di area dalfonsiana, ma anche semplici cittadini interessati al destino dell’ex sindaco.
ORE 12,30
Prima di iniziare a leggere il dispositivo, il presidente fa una piccola pausa in attesa del Pubblico ministero Gennaro Varone, che arriva in aula in ritardo. Le prime parole rompono il silenzio. Parte leggendo la prescrizione di tre reati per D'Alfonso, Dezio, Perilli e Fanì, e l’emozione comincia a crescere. L’aula trattiene il respiro quando la Di Carlo cita l’articolo 530: gli addetti ai lavori sanno che significa assoluzione, ma non si sa ancora per chi e soprattutto per che cosa. Ma poi c’è la lettura di tutti i nomi e del lungo elenco di 28 capi di imputazione, compreso quello relativo all’associazione per delinquere, con la formula conclusiva: «Assolti perché il fatto non sussiste». Come dire un processo che non si doveva neppure fare. È in quel momento che parte il lungo applauso della platea e cominciano gli abbracci, i baci, le lacrime e la commozione anche di qualche avvocato come lo stesso Giuliano Milia che ha assistito D’Alfonso.
Il pubblico ministero Gennaro Varone si allontana velocemente e senza dire una parola. Una sentenza che sicuramente imporrà alla procura una doverosa riflessione. Riflettono invece imputati e cittadini su vite sospese per quattro anni e su un governo della città fatto saltare, su carriere politiche sconvolte. Quasi scontato il ricorso in appello del Pm Varone, ma molto dipenderà anche da come verrà motivata, nei prossimi tre mesi, questa storica sentenza di assoluzione da parte del collegio.
D’ALFONSO ASSENTE
D'Alfonso, che non è praticamente mai mancato in aula, neppure dopo l’incidente con la bicicletta, ieri era assente: in ritiro in un convento ad Assisi dicevano i più informati. «L’ho sentito subito per telefono - ha detto il suo avvocato Milia -: piangeva e non riusciva a parlare. È comprensibile dopo tutto quello che ha passato». Ed è stato proprio lo stesso difensore, nel corso della sua puntuale arringa difensiva, a ricostruire la fase iniziale dell’inchiesta e puntare il dito contro l’accusa per quell’accordo non scritto e non mantenuto. Per quell’arresto che non doveva verificarsi il 15 dicembre del 2008 dopo che D'Alfonso si era sottoposto ad interrogatorio ed aveva sottoscritto le dimissioni da sindaco che sarebbero state depositate al termine dello spoglio elettorale delle regionali.
LE ACCUSE CADUTE
«Un processo senza prove», aveva detto il difensore. «Capi di imputazione che a leggerli sembrano una bella poesia, nulla più». Nessun arricchimento personale per D’Alfonso, nessuna squadra d’azione per gestire la cosa pubblica. Capi di imputazione che sono crollati nel peggiore dei modi per l’accusa, sotto la penna dei tre giudici del tribunale. Gli appalti milionari dell’area di risulta, dei cimiteri, i finanziamenti alla Margherita, la pubblicità istituzionale, la costruzione della villa di D’Alfonso a Lettomanoppello. Niente rimane in piedi dopo quattro lunghi anni di indagini e di udienze: dopo due anni di indagini e circa due anni di processo. Imprenditori del calibro di Carlo e Alfonso Toto accusati di corruzione per il loro rapporto di amicizia di vecchia data con D’Alfonso, per quei viaggi gratis con gli aerei di Toto. E forse uno dei pilastri dell’accusa di questo processo a crollare per primo è stato proprio quell’appalto vinto da Toto per la riqualificazione del tracciato ferroviario: quell’accusa da dove è forse maggiormente maturata questa assoluzione. Un appalto da 60 milioni di euro dove le tangenti sarebbero state rappresentate dai viaggi gratis per D'Alfonso per circa 25 mila euro. E qui bravi anche i difensori di Toto (gli avvocati Augusto La Morgia e Franco Coppi) a smontare pezzo per pezzo l’accusa. Un appalto dal quale Toto si tirò fuori non appena D'Alfonso gli chiese di farlo: il sindaco aveva trovato una strada più conveniente per l’amministrazione. E chi è l’imprenditore che paga le tangenti per ottenere un appalto così ricco e lo lascia su due piedi, senza batter ciglio? E poi è venuta meno anche l’accusa sui movimenti finanziari della famiglia D’Alfonso, probabilmente la pagina più violenta del processo. «D’Alfonso dovrebbe vergognarsi» le parole usate da Varone. Saltata anche la famosa lista Dezio: quell’elenco di contributi per il partito della Margherita che erano finiti per diventare, per l’accusa, soldi intascati indebitamente da Dezio che operava per conto di D'Alfonso. Quel teorema non provato sul fatto che D'Alfonso non poteva non sapere quello che il suo braccio destro faceva
IL PROCESSO
Finisce dunque nel nulla la vicenda giudiziaria forse più importante di questi ultimi anni: forse più importante dello scandalo della sanità, ma soltanto per la figura di quel sindaco che era stato appena rieletto a furor di popolo, che nei giorni passati agli arresti domiciliari aveva sotto casa una folla di cittadini pronti a dimostrargli il loro sostegno. Che lo hanno sempre seguito in tutte le sue iniziative anche quando era alle prese con questo mega processo dove le pesanti accuse avrebbero dissuaso anche il più accanito fa. Ora si apre un capitolo diverso. Quello politico con gli scenari più diversi e riparte la macchina politica D'Alfonso.

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