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Pescara, 19/12/2025
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Data: 12/02/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il Pd: «Luciano subito con noi in campagna elettorale» «Giustizia è fatta», i fedelissimi si sciolgono in un applauso

PESCARA Una sentenza destinata a cambiare il corso della politica in Abruzzo. Luciano D'Alfonso avrà appena il tempo di consumare qualche ora di gioia assieme ai familiari e agli amici più cari dopo la sentenza che lo assolve da 34 capi di imputazione, tra i più infamanti. Poi sarà chiamato a tuffarsi negli ultimi giorni di una campagna elettorale che lo vedrà nuovamente protagonista, come dice subito il segretario regionale del Pd Silvio Paolucci: «Ora subito in campo con un asso nella manica. I democratici sono felici per l'assoluzione di D'Alfonso, per ragioni umane e politiche. Quell'indagine, assieme ad altre, ha stravolto la geografia politica di Pescara e dell'Abruzzo, consentendo al centrodestra, per le dinamiche legate al rapporto fra provvedimenti cautelari e consenso, di governare il nostro territorio».
Il governatore Gianni Chiodi: «Contento umanamente per lui, felice per la politica in generale, perchè quando c'è una assoluzione è positivo anche per la politica. D’Alfonso candidato a governatore? Bene. A me piace vincere sul campo, non a tavolino», Il senatore Pdl Andrea Pastore, firmatario dell'esposto sulla vicenda Toto-aree di risulta al centro dell'inchiesta che portò all'arresto del sindaco: «Le sentenze non si discutono, ma rimane fermo il giudizio politico sulla spregiudicatezza nell'amministrazione della cosa pubblica». Camillo D'Angelo, l'ex vice sindaco a cui toccò il difficile compito di sostituire D’Alfonso dopo l’arresto, non ci sta: «Un giudizio simile può darlo solo il rappresentante di una classe politica che dopo quattro anni sta riducendo sul lastrico Pescara. La sentenza ha chiarito che quella dell'amministrazione D'Alfonso non era spregiudicatezza ma un'azione concreta per fare uscire Pescara dal torpore».
Marco Alessandrini, che con il Pd affrontò la difficile sfida per il sindaco alle comunali 2009: «D'Alfonso ha dato una lezione di stile, difendendosi nel processo e non dal processo. Un'altra riflessione da fare è sul potere di giudici e Pm di sovvertire la volontà popolare, come disse nell'immediatezza dell'arresto Luciano Violante». Camillo D'Alessandro, capogruppo Pd in Consiglio regionale: «Il tempo del dolore è finito, inizia quello della verità: D'Alfonso non è un corrotto ma persona onorata e onorabile, il sindaco più amato nella storia di Pescara. Ora si riparte, si aprono le danze». Esulta Giovanni Legnini, capolista Pd alla Camera: «L’assoluzione per D'Alfonso è un'ottima notizia per l'Abruzzo e per noi democratici. Luciano tornerà a dare il suo contributo politico a pieno titolo in una fase cruciale per il Paese e la regione». Soddisfatti anche i Giovani democratici e Gianni Melilla, capolista di Sel alla Camera.
Gaetano Quagliariello, capolista Pdl al Senato: «L'assoluzione di D’Alfonso giunge quattro anni e mezzo dopo un arresto spettacolare sulla cui tempistica sollevammo all'epoca diversi interrogativi». Riccardo Chiavaroli, portavoce regionale Pdl: «Mi rallegro con D'Alfonso, ma è insopportabile il coro ipocrita di chi, a sinistra, ora sostiene che la giustizia funziona. Non credo che arresti preventivi, processi lunghi quattro anni, assenza di prove siano un esempio rassicurante di buona giustizia».


«Anni pesanti, ma mai dubbi. La politica? ci penserò»
La notizia dell’assoluzione ha raggiunto
D’Alfonso nel convento di Leonessa. La risposta all’abbraccio del partito «Io non ho mai sospeso il giudizio»

PESCARA «Che poi, prima di Enzo Tortora, a dirlo fu Benedetto Croce alla caduta del fascismo. Comunque, se la domanda è: dove eravamo rimasti? rispondo che la riflessione sul mio futuro in politica appartiene al tempo di domani. Oggi è il giorno delle emozioni, per la politica ci vuole lucidità». Alle 12,30 di ieri Luciano D’Alfonso era nel convento dei cappuccini di Leonessa, ultima tappa di un tour tra santuari umbri cominciato domenica ad Assisi, in compagnia di Marco Presutti. Lo squillo dell’avvocato Giuliano Milia, atteso da quattro anni, lo raggiunge pochi minuti più tardi.
«Sono stati anni pesanti - confessa D’Alfonso -. Mi hanno sorretto l’esempio di mio fratello, l’affetto della mia famiglia che mi ha protetto e sostenuto, la competenza professionale e la pasta umana dell’avvocato Giuliano Milia. Personalmente, ho coltivato la fiducia nella certezza della pena e nella terzietà della magistratura giudicante. Ho messo a disposizione del processo il mio dato di conoscenza su sei anni di intensa attività amministrativa. Ora devo dire dei grazie: a Milia e agli avvocati che lo hanno affiancato, a chi ha lavorato per me ad un’imponente opera di ricostruzione documentale dei fatti, ai legali degli altri imputati. Tutti hanno giocato dalla stessa parte del campo, dando vita ad un processo che ha esaltato l’oralità e la dialettica del rito penale».
Il telefono ha squillato cento e cento volte, per sms e parole di affetto. «Tanti cittadini comuni - racconta l’ex sindaco di Pescara. Il popolo dei miei elettori, tanti imprenditori e due nomi che mi stanno particolarmente a cuore: Massimo Cacciari e Luciano D’Amico, nuovo rettore dell’università di Teramo e ideale continuatore dell’opera di Luciano Russi. È come se mi avesse chiamato il mio maestro».
Mai dubbi, in quattro lunghi anni cominciati con il trauma degli arresti domiciliari, la notte del 15 dicembre del 2008? «Mai», è la risposta secca. «Il mio unico pensiero è stato difendermi nel processo, dando un contributo attivo alla ricostruzione dei fatti. Ho evitato, e continuerò a farlo, dichiarazioni al di fuori dell’aula del tribunale». Tra le parole ascoltate all’interno dell’aula, però, ce ne sono state alcune particolarmente corrosive: quel «D’Alfonso dovrebbe vergognarsi» pronunciato dal Pm Gennaro Varone. «Rispondo, ovviamente, soltanto delle mie parole».
Risentimenti? «No. Ci tengo a sottolinearlo: al termine di questo calvario non ho risentimenti nei confronti di alcuno. Non ho acredine. Il mio sentimento, in questo momento, è soltanto la gioia per un esito processuale del quale ero intimamente certo».
Prematuro, per D’Alfonso, parlare di futuro. Non per il Pd, il partito di cui è stato segretario regionale fino al momento dell’arresto, che si è improvvisamente scongelato, dopo anni di sospensione del giudizio e di comprensibile imbarazzo per una vicenda processuale ingombrante, acclamando il campione ritrovato. «Io invece - è la risposta che andrà decodificata con calma - non ho mai sospeso il giudizio sul Pd».

«Giustizia è fatta», i fedelissimi si sciolgono in un applauso

PESCARA Quattro anni e mezzo di tensioni, dolori e rabbia si sono sciolti alle 12,30 di ieri in un forte e scrosciante applauso. Dopo un processo snervante ed una mattinata sembrava non finire mai, i sostenitori di Luciano D’Alfonso hanno potuto finalmente lasciarsi andare ad abbracci e lacrime di gioia. Tre ore, tante ne sono passate dall’inizio dell’ultima udienza nella maxi aula uno del tribunale di Pescara fino alle lettura della sentenza, cariche di promesse e pronostici.
Tutto inizia alle 9,30, quando in aula ancora semideserta si ascoltano le controrepliche di quattro avvocati, tra cui Giuliano Milia, che assiste D’Alfonso. Fuori dalla porta iniziano ad arrivare alla spicciolata i primi sostenitori e fedelissimi dell’ex sindaco, fra cui il consigliere Pd Enzo Del Vecchio, che ha seguito gran parte del processo, e il comico abruzzese ’Nduccio. Per la prima volta dall’inizio di questa storia, però, il grande assente è proprio lui, Lucianone, come lo chiamano gli amici e molti pescaresi, ed è subito giallo. Fra i corridoi del tribunale non si parla d’altro e tutti si chiedono quando e se arriverà. Ma soprattutto, tutti vorrebbero sapere dove sia in qual momento e quali siano i suoi pensieri. «L'ultima volta che l’ho sentito era sabato e quindi non penso proprio che si presenterà», dice Milia a chi gli chiede notizie del suo assistito.
«So che ha deciso di passare queste ore in famiglia, fuori Pescara, in meditazione - spiega Del Vecchio -. Lui è fatto così. Nei momenti cruciali, come le elezioni, preferisce ritirarsi ed essere circondato solo dai suoi cari». Intanto, mentre il mistero s’infittisce, la notizia che alle 12,30 verrà letta la sentenza inizia a circolare e nel giro di pochi minuti la piccola folla di fan dell’ex sindaco si infoltisce. Arrivano molti cittadini, fra cui anche la signora Luisa e suo fratello, due sostenitori di D’Alfonso che non hanno disertato neanche un’udienza. Arrivano anche politici, dal capogruppo Pd alla Provincia Antonio Di Marco, ai consiglieri Balducci e Sulpizio, ma pure l’ex capo dei vigili urbani Ernesto Grippo e l’ex assessore De Collibus.
Tutti sono certi di una cosa: «Luciano sta sicuramente pregando, bisogna solo capire in quale santuario». C'è chi pensa sia addirittura volato a Medjugorje, chi è certo che sia al Volto Santo di Manoppello e chi, conoscendo la sua fede a la sua devozione, è convinto che si trovi con moglie e figli a San Gabriele. È quest’ultima l’ipotesi più probabile e, quando le lancette si avvicinano alle 12, per tutti è ormai certo che D'Alfonso non si presenterà. E infatti così sarà. Ma a parlare per lui, in quell’aula, ormai gremita dalle 12 e 15, saranno i numeri. Il numero delle persone che si sono accalcate fuori la porta del tribunale, il numero delle lacrime scese sui volti dei presenti e dei minuti d’applauso. L’attesa è finita: la sua assoluzione dal il via alla festa. «Sono contentissimo - commenta ’Nduccio - è un grande uomo e l’Abruzzo ha bisogno di lui». «È stata finalmente fatta giustizia sul passato, adesso guardiamo al futuro», aggiunge Di Pietrantonio, mentre Di Marco lancia la candidatura di D’Alfonso alla presidenza della Regione. Il centrosinistra ha ritrovato il suo campione.

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