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Data: 12/02/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Come una bomba sulla campagna elettorale

ROMA A chi giova? A chi non giova? Guardando l’abdicazione del Papa dal basso della campagna elettorale, su cui cade come una bomba la notizia vaticana e ne stravolge il ritmo e il senso, s’incontrano le sorti diverse dei protagonisti.
Il più danneggiato è Silvio Berlusconi, perchè il Papa della televisione era lui. Ieri si è dovuto accontentare della radio. E almeno per una settimana, ma anche di più, i palinsesti in cui il Cavaliere ha finora dilagato dovranno dividersi in tre: Vaticano, festival di Sanremo e campagna elettorale. Berlusconi è danneggiato come star televisiva ma anche perchè c’è qualcuno un po’ maggiore di lui, sia per età sia per rilievo mondiale, che s’è dimesso. E su Twitter si cinguetta così: «Il Papa lascia il pontificato dal 28 febbraio, si è auto-rottamato. Possibile che Berlusconi non prenda esempio?». Glielo dice anche il suo antagonista più prossimo e più accanito, Oscar Giannino: «Anche la Chiesa si sta rinnovando. Perchè Berlusconi no?».
Il Cavaliere, ma anche Grillo, sono le principali vittime dell’abdicazione di Ratzinger anche perchè in un momento di serietà solenne, di Storia con la esse maiuscola, la baldanza della politica spettacolare e gravida di promesse usa e getta rischia di risultare fuori contesto.
Ci si potrebbe aspettare, paradossalmente, che Silvio Berlusconi e Beppe Grillo prima o poi dicano che le dimissioni di Ratzinger sono un complotto contro di loro da parte signora Merkel.
Per Monti e Casini - i due leader oggi presenti alla cerimonia per l’anniversario dei Patti Lateranensi all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, dove il grande assente è Silvio - la situazione vaticana significa un vantaggio d’immagine. E un rilancio della loro centralità agli occhi della Chiesa e anche di un elettorato cattolico voglioso di rassicurazione, a maggior ragione adesso che il trono è vuoto.
Grillo fa finta che non sia accaduto niente, ieri ha twittato dal comizio di Gorizia («C’è la neve, mi vesto pesante»), ma l’anti-Cristo che ha bisogno di aggredire chi c’è ha perso un bersaglio e il sostituto non sa chi è. Bersani è in condizioni opposte. Gli inseguitori hanno meno spazi comunicativi dove correre e a lui va benissimo perchè questo va male a Berlusconi e ai leader dei partitini scalpitanti. E se c’è ansia di rassicurazione, in un momento di vacatio non solo del governo ma anche del potere eccelsiastico, non è il voto utile che se ne può avvantaggiare?
Brutti problemi per la Lega. Perchè al soglio di Pietro potrebbe arrivare un Papa Nero. Un pontefice africano sarebbe il passo successivo a quello polacco e a quello tedesco. Per i lumbard non sarà facile conciliare, in campagna elettorale, il cattolicesimo con la paura di un extra-comunitario seduto al posto di Ratzinger. Soprattutto, povero Maroni: niente Lombardia, si parlerà in queste settimane soltanto di Roma.
E Guido Morselli, che era un padano e scrisse il romanzo «Roma senza Papa», forse non avrebbe previsto che adesso di Papi ce ne saranno due (uno ex) e Roma, con buona pace del Carroccio, raddoppia.

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