PESCARA Mascia pensa alle dimissioni. Ha iniziato a pensarci lunedì pomeriggio, poche ore dopo aver avuto la notizia dell'assoluzione di Luciano D'Alfonso. Il sindaco lo ha confidato a un amico: «Che dici, è il caso di passare la mano?». Una domanda che è in realtà una presa di coscienza che gli fa onore, avendo valutato la portata di un verdetto che riavvolge il nastro della politica pescarese (sarebbe meglio dire abruzzese) a quattro anni e due mesi fa. Di una decisione tanto clamorosa quanto inedita se n'è parlato ieri in via informale anche in Municipio. Se n'è parlato non col sorrisino sulle labbra della boutade quanto con la serietà di una situazione stringente. Un passo indietro che non viene scartato neanche tra le file della maggioranza e persino fra quei consiglieri del Pdl che gli sono sempre rimasti al fianco, senza mal di pancia o turbolenze di altra natura. La presa di coscienza del sindaco non viene liquidata come un colpo di testa a caldo o qualcosa del genere. È partita invece una riflessione profonda sul ruolo e sulla legittimità delle istituzioni che un giorno vengono spazzate via dalle inchieste e molti anni dopo vengono riabilitate. Nel centrodestra, ovviamente, prevale la linea di chi invita Mascia a tirare dritto fino alla primavera 2014, scadenza naturale della consiliatura. Una linea suffragata da due ragioni, una di ordine giudiziario, l'altra di carattere politico: la sentenza di assoluzione è "soltanto" di primo grado, per quanto immediatamente esecutiva; il sindaco, anche volendo, non può dimettersi perché verrebbe meno a un mandato legittimamente e democraticamente assegnatogli dagli elettori ai quali dovrebbe spiegare perché lo farebbe. La prima è una considerazione in punta di diritto, la seconda ha qualche fondamento più solido. Di certo il centrodestra non ha nessuna intenzione di mollare la presa a poco più di un anno dalle Comunali, per giunta alla vigilia di elezioni politiche e regionali che comunque cambieranno gli scenari. Sul fronte opposto c'è la forte tentazione di prendersi tutte le rivincite del caso, rispolverando vecchi rancori e vecchissimi slogan, di ricordare cosa dissero gli avversari al momento dell'arresto di D'Alfonso, di togliere dalla naftalina le foto dello striscione con su scritto «Basta imbrogli» esibito da autorevoli esponenti del centrodestra all'indirizzo dei consiglieri comunali del Pd rieletti che aveva condiviso la stagione dalfonsiana. Ma alla fine prevarrà la linea del buon senso, mantenendo un oprofilo basso. «Bisogna saper vincere, non solo perdere, anche in queste occasioni si vede se uno ha stile e spessore», era la chiosa più gettonata ieri tra le fila del Pd. E sempre ieri erano corse voci su un prossimo smarcamento della maggioranza per far cadere la Giunta, voci che il capogruppo Vincenzo Dogali bolla così: «Balle spaziali, noi fedeli eravamo e fedeli resteremo all'Amministrazione Mascia». In maggioranza cinque anni fa con D'Alfonso, ora Dogali è in maggioranza anche con Mascia e, appena appresa la notizia dell'assoluzione, a caldo gli è scappato un «Magnifico!», a freddo torna all'abituale real politik. L'assoluzione plenaria dei 24 imputati, inoltre, avrà conseguenze per il Comune sotto l'aspetto economico. L'Amministrazione in carica, infatti, deve pagare le spese legali per tutti i soggetti coinvolti nell'inchiesta Housework e che lavoravano (alcuni lavorano ancora) in Municipio con vari gradi di responsabilità. Da D'Alfonso in giù si tratta di parcelle pesanti per alcune centinaia di migliaia di euro.