PESCARA Niente coriandoli, né stelle filanti sulle scale del municipio di Pescara in un martedì grasso in cui solo alcuni hanno motivi per festeggiare. L’assoluzione dell'ex sindaco Luciano D'Alfonso non trova supporter con striscioni e tifo da stadio. Enzo Del Vecchio, consigliere comunale del Pd, ne ricorda però uno apparso l’8 gennaio del 2009 sui banchi dell’opposizione guidata allora Luigi Albore Mascia: «Si presentarono in aula comunale con un grande manifesto con su scritto Ladri. Rappresentavamo una classe politica che doveva essere mandata via. Oggi il sindaco Mascia con che faccia rimane al suo posto?».
In casa del Pd, il partito di D'Alfonso, il nuovo manifesto è in fase di allestimento e sopra campeggia una sola scritta: Abusivo! Nel consiglio comunale di venerdì, quando in aula approderà la delibera sul Pp2 (la trasformazione urbana del waterfront sud), non sarà solo battaglia sul verde e sul cemento, come fa capire ancora Del Vecchio: «Il sindaco deve dimettersi prima della seduta di venerdì. Recuperi dignità dopo quattro anni di amministrazione del nulla e ridia la parola ai cittadini».
La replica di Sospiri, coordinatore provinciale del Pdl: «Le sentenze non si commentano, sono contento umanamente per Luciano D’Alfonso, ma Albore Mascia è stato eletto dai pescaresi, non dalla Procura. Manteniamoci su un livello alto, di civiltà. Quando i pescaresi li voteranno, saranno quelli del centrosinistra a governare». Siamo insomma alla inevitabile resa dei conti, perché la ferita del 15 dicembre 2008, quando la squadra mobile bussò alla porta di casa D'Alfonso per consegnarlo agli arresti domiciliari, brucia ancora. Brucia perché come ricorda ancora Marco Alessandrini (poi catapultato nella successiva corsa a sindaco contro Albore Mascia), sei mesi prima D’Alfonso era stato protagonista di una impresa incredibile: «Pescara fu l'unica grande città in cui vinse il centrosinistra, mentre la coalizione guidata da Berlusconi faceva il pieno alle politiche, alle europee e alle amministrative. La notizia fece talmente scalpore che ne parlarono persino alcuni grandi giornali, come Il Sole24Ore». D'Alfonso vinse quella sfida sull’attuale sindaco con un vantaggio abissale: 24 punti di differenza. «Impresa ancora più grande - ricorda Alessandrini - se pensiamo che era sostenuto solo da Pd, Idv e una lista civica. Da allora, in questi quattro anni, non abbiamo ascoltato che questa frase dai banchi della maggioranza: zitti voi che...».
Anche il capogruppo del Pd Moreno Di Pietrantonio ritiene inevitabile un passo indietro dell’attuale sindaco: «Abbiamo vissuto momenti difficili in questi quattro anni, ma sempre a testa alta e nella consapevolezza che la giustizia avrebbe fatto il suo corso. Questa sentenza ci ha ridato la credibilità che avevamo conquistato dal 2003 con la politica del fare, non del malaffare». Franco Marini, presidente emerito del Senato in piena campagna elettorale nel suo Abruzzo, rimanda alle dichiarazioni a caldo rilasciate dopo la sentenza: «Avremo modo di riparlarne dopo le elezioni». Intanto: «È stato restituito all’Abruzzo il contributo prestigioso di un dirigente di partito, di un grande sindaco che oggi ritroviamo al nostro fianco nell’impegno a favore della regione». Gianluca Fusilli, candidato alla Camera, allarga l’orizzonte: «È una sentenza che ridà dignità a quella esperienza amministrativa condotta tra il 2003 e il 2008 e a tutte le persone che in essa avevano creduto investendo risorse e idee». Già, perché un’altra domanda che rimbalza è: chi risarcirà i 24 imputati usciti assolti dal processo. In caso di conferma della formula «il fatto non sussiste», il conto per il Comune rischia di essere salato.