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Data: 14/02/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
E ora il centrosinistra torna a credere nella vittoria

ROMA «Se Maroni perderà sarà merito nostro, altro che voto disgiunto!». Da buon lombardo, Benedetto Della Vedova - finiano e grande sponsor di Albertini - ha naso lungo per interpretare il vento che soffia intorno al Pirellone e che potrebbe presto spazzare ciò che resta della nomenklatura che ha gestito il potere in Lombardia nell’ultimo ventennio. Si capirà tra qualche giorno se hanno ragione coloro che nel Pd lombardo - sondaggi alla mano - giudicano ora «una fortuna» l’azione della magistratura che un anno fa ha messo in un angolo Filippo Penati smantellando un sistema trasversale sotto le cui macerie sta ora rotolando anche ciò che resta del potere formigoniano. Ieri il Celeste, accusato anche di associazione a delinquere nell’inchiesta Maugeri, non è stato ricambiato dall’ex braccio forte del Pd lombardo, nella solidarietà che a suo tempo Formigoni tributò a Penati. Troppe sono le crepe, fortissima la voglia di un cambiamento e altrettanto noto il realismo lombardo. Una concretezza che costringe Roberto Maroni ad inanellare una seria di promesse choc: dal 75% di tasse da trattenere in Lombardia, al taglio dell’Irpef e dell’Irap, dai libri gratis alle 50 mila case gratis per le giovani coppie.
GRATIS
Promesse che diventano boomerang quando poi arrivano le inchieste della magistratura e i protagonisti sono gli stessi che, ovviamente, si difendono e gridano al complotto mentre nei tg scorrono le immagini di yacht e vacanze in posti da sogno. In Lombardia la crisi morde, le imprese chiudono e la parola «gratis» non ha mai attirato quel popolo delle partite-Iva che decenni fa fece la fortuna della Lega di Bossi. «E’ finito il tempo delle promesse», ha detto ieri in faccia ai candidati al Pirellone, il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. «Stiamo andando bene perché parliamo di lavoro, di giovani e perché abbiamo cambiato in tempo tutto» spiega Maurizio Martina, il trentenne segretario del Pd lombardo che ieri, insieme a Daniele Marantelli, ha accompagnato il tour di Matteo Renzi in favore di Ambrosoli. «E’ nella fascia pedemontana lombarda che si avverte il cambio di passo che sta avendo la campagna elettorale», spiega l’ottimista Marantelli, deputato uscente del Pd e buon conoscitore delle faccende interne al Carroccio dove c’è chi che non aspetta altro di veder perdere l’ex ministro dell’Interno. Nei prossimi giorni sfileranno in Lombardia altri big del Pd, con Bersani che tornerà ancora e Walter Veltroni pronto a chiudere la campagna elettorale. Lo sfoggio di compattezza mostrato dal Pd è per qualcuno la conferma che «le scorie delle primarie sono state smaltite». La corsa ad esserci sul palco con Ambrosoli è però anche il segnale di una vittoria che il Pd sente vicina «anche se dieci giorni di campagna elettorale - ammonisce Marantelli - sono tanti».
BARBARI
Mentre il Pdl annaspa, costretto a sostenere un barbaro sognante che sta trasformando la sfida in un incubo e che assegna incarichi da assessore alla sanità, il Pd fa i conti con i numeri del Senato che la vittoria in Lombardia stabilizzerebbe riconsegnando al centrosinistra la regione più importante del Nord. «Non ci occorrono le vie giudiziarie per cambiare pagina», ha sostenuto ieri il sindaco di Firenze che da qualche giorno Marantelli accompagna da Varese a Sondrio per sostenere Ambrosoli e il professor Dell’Aringa che, in qualità di capolista in Lombardia2, è divenuto la punta di lancia di un centrosinistra operaista, concertativo e che pensa di proporre da palazzo Chigi una politica industriale al Paese. Non buca più di tanto il cuore dei lombardi la questione morale o lo slogan Roma-ladrona, quanto l’opportunità di una nuova classe dirigente e di un nuovo progetto. A destra se ne è accorto Gianfranco Rotondi che ieri consigliava a Maroni di indicare Cattaneo, il giovane sindaco di Pavia, «come suo vice» perché «servono segni di rinnovamento molto forti o la generale desistenza a favore di Ambrosoli ribalta il pronostico».

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