ROMA Una nuova Tangentopoli? «Purtroppo sì», risponde Mario Monti interrogato ad ”Agorà“ sull’ondata di arresti di questi giorni. Con una differenza, ed in peggio - nota il premier - perché vent’anni fa «ci fu un’azione liberatoria della magistratura che si pensava avrebbe posto fine al fenomeno. Mentre oggi la coscienza degli italiani che guidano gli altri italiani si è seduta». Ricordato che il suo governo «ha fatto fatica, per la resistenza del Pdl, a far approvare un’adeguata legge anticorruzione», Monti sintetizza la sua analisi pessimista osservando che «si è passati dalla partitocrazia alla partitorazzia».
Di tutt’altro tenore i sentimenti che animano Silvio Berlusconi di fronte all’infittirsi di notizie di reato in questo scorcio della campagna elettorale: «Escludo nella maniera più assoluta», afferma il Cavaliere a ”Radio anch’io“, che si sia davanti a una rinnovata Tangentopoli. «Sono casi isolati, creati - dice il leader del Pdl - da una certa magistratura per produrre una cortina di fumo e nebbia sullo scandalo del Monte dei Paschi che vede coinvolto il Pd».
Poche le analogie che Pier Luigi Bersani vede tra Tangentopoli e i fatti di oggi - «la storia difficilmente si ripete» - ma non ha alcun dubbio sulla gravità del fenomeno in sé. Il segretario del Pd parla infatti di «catastrofe morale, economica, sociale che ci è stata consegnata dai lunghi anni di governo della destra. E’ evidente la conseguenza di una distruzione di anticorpi contro la corruzione. E se oggi - conclude Bersani - si sente Berlusconi giustificare le tangenti, si capisce da dove viene il problema».
LE ATTESE DEL COLLE
A non nascondere la propria preoccupazione per l’impennata dei casi di corruzione è lo stesso Giorgio Napolitano che da Washington - premesso di «aspettare l’esito delle indagini» - dà per scontato che nelle transazioni internazionali «ci sono mediatori specializzati che certo non lavorano gratis et amore dei». Per il capo dello Stato si tratta quindi «di capire se dietro queste transazioni internazionali e ricerche di canali per vincere le gare, ci sia qualcosa che si trasforma in Italia in riserva occulta o tangenti».
La costanza dei connotati della corruzione italiana a distanza di vent’anni, mette per una volta d’accordo due personaggi tra loro distantissimi come Pier Ferdinando Casini e Antonio Ingroia. Il leader Udc dice di non sapere «se Tangentopoli se ne sia mai andata» e invita a «fare pulizia senza guardare in faccia nessuno», invitando anche a «confidare nell’equilibrio della magistratura», dal momento che «gli eccessi non hanno mai portato da nessuna parte». Allo stesso modo, il pm palermitano ritiene che «tangentopoli non è mai finita», tanto da poter affermare che «l’Italia è una Tangentopoli a cielo aperto». A lamentare «l’enorme livello di corruzione e di malaffare» è anche il presidente della Camera Gianfranco Fini. Mentre un indiscusso protagonista della stagione apertasi nel ’92 con l’arresto di Mario Chiesa, come Antonio Di Pietro, osserva che «la commistione tra politica e malaffare prosegue imperturbata», tant’è che - dice l’ex pm di Mani Pulite - «vedo girare in manette persone che avevo già fatto arrestare io».