Non ha nessuna intenzione di farsi da parte. Anzi. Franco Fiorito, l’ex capogruppo del Pdl nel Lazio, vuole scendere di nuovo in campo. «Ho passato dei mesi durissimi, quando verrà riabilitata la verità tornerò in politica». Lo ha detto ieri prima di entrare nel palazzo di Giustizia dove ieri è iniziato il processo nei suoi confronti nel quale è accusato di peculato.
Nel corso della prima udienza, il giudice che deve processare con rito abbreviato l’ex sindaco di Anagni, ha ammesso la richiesta di parte civile presentata dalla Regione Lazio, rappresentata dall’avvocato Francesco Scacchi, e si è invece riservato sulle richieste del Pdl e dell’associazione dei consumatori Codacons. Riserva che sarà sciolta il prossimo 21 febbraio, occasione della seconda udienza, nel corso della quale il gup Rosalba Biso deciderà se accogliere la richiesta di Fiorito di essere processato con l’abbreviato subordinato alla testimonianza di tre persone. Non solo. Il giudice dovrà anche stabilire se accogliere la richiesta di patteggiamento presentata dagli altri due imputati del processo, Bruno Galassi e Pierluigi Boschi, stretti collaboratori dell’ex capogruppo.
Probabilmente il processo potrebbe terminare in tre udienza, cioè il 28 marzo, giorno in cui il gup dovrebbe pronunciarsi sulla condanna o assoluzione degli imputati.
Fiorito, comunque, si trova ancora agli arresti domiciliari nell’abitazione ad Anagni della mamma, dopo aver trascorso dal 2 ottobre al 27 dicembre a Regina Coeli. «In carcere sono stato molto male - ha detto ieri Fiorito - ma ora ai domiciliari va meglio». I suoi difesori, gli avvocati Carlo Taormina ed Enrico Pavia, non hanno ancora presentato istanza di scarcerazione.
L’ex capogruppo Pdl è accusato di aver sottratto dalle casse del partito un milione e 380 mila euro, denaro che per i pm è stato spostato in conti correnti dell’imputato in Italia e all’estero tramite 193 bonifici.
I soldi, ha affermato Fiorito durante gli interrogatori, gli erano dovuti in base al cumulo di cariche che ricopriva alla Pisana. Una tesi che per i magistrati non regge: le spese sostenute dall’ex capogruppo hanno poco a che vedere con le finalità politiche per cui sono destinati.
Per i tre imputati la procura aveva chiesto e ottenuto il giudizio immediato, procedimento che permette di saltare l’udienza preliminare e di andare direttamente al dibattimento, ma le richieste di riti alternativi hanno riportato il procedimento all’attenzione del gup.
L’ex sindaco di Anagni fin dal primo giorno in cui è stato indagato ha sempre sostenuto di non aver mai usato denaro del partito per scopi privati. Per la Guardia di Finanza, invece, Fiorito ha comprato automobili (una Jeep, una Bmw e una Smart) oltre ad aver acquistato una caldaia per la sua villa al Circeo. E anche cravatte e sciarpe: fatture che avrebbe distrutto nel tritacarta.