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Data: 17/02/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il pressing del centrodestra per non restare fuori dai giochi. L’attacco al capo dello Stato segnala timori per l’incarico dopo le elezioni. Martino: così il Colle divide anziché unire

ROMA «Un giudizio sul settennato di Napolitano al Quirinale? Lo darò quando è finito. C’è ancora da nominare un presidente del Consiglio». Silvio Berlusconi, parlando una settimana fa alla web-tv del Messaggero, aveva indicato chiaramente quale sarà il banco di prova sul quale pensa di misurare il lavoro dell’attuale Capo dello Stato. Una sorta di monito, passato più o meno inosservato, che segnala nervosismo e risulta anche utile per valutare il coro di critiche che palazzo Grazioli ha fatto uscire nei confronti del recente viaggio a Washington di Napolitano.
DIPLOMAZIA
Un attacco senza precedenti, sottolineava ieri l’ex ministro degli Esteri Franco Frattini criticando i suoi ex colleghi di partito, soprattutto perché avvenuto nel corso di una visita di Stato in un paese come gli Stati Uniti. D’altra parte già da diverse legislature anche la politica estera è divenuta argomento di scontro politico e Berlusconi in queste elezioni si gioca nuovamente tutto e tutto viene ritenuto buono, anche l’accusa di «ingerenza nella campagna elettorale», ad alimentare la gazzarra. Il nervosismo che taglia il Pdl e che i recenti affondi rendono palese, riguarda proprio il timore di un’emarginazione che il centrodestra potrebbe patire nella prossima legislatura. A spaventare Berlusconi non sono solo i numeri e il risultato elettorale che potrebbe venir fuori lunedì prossimo. Quanto l’eventualità che il Pdl potrebbe essere comunque tenuto fuori da possibili maggioranze anche se il centrosinistra dovesse non riuscire a conquistare la maggioranza al Senato. Ed è proprio in questo caso che Berlusconi attende per poter valutare il comportamento di Napolitano. Nei ragionamenti che il Cavaliere va facendo in questi giorni, viene dato per scontato che - in caso di mancata vittoria di Bersani a palazzo Madama - l’incarico non dovrebbe andare «a nessun capo delle coalizioni che si sono sfidate nelle urne». Seguendo la logica dell’azzeramento degli attuali candidati premier Berlusconi pensa di poter entrare nel gioco evitando che la costruzione di una nuova maggioranza sia affare solo di Pd e lista Monti. Per rompere l’assedio ed evitare l’isolamento sperato da molte cancellerie, il Cavaliere ha bisogno - ovviamente - che il centrosinistra non abbia la maggioranza al Senato (speranza attualmente condivisa con i centristi di Monti), e che Napolitano non dia corso al proposito enunciato a fine dicembre di dare l’incarico «a chi ha più voti», specie se la distanza tra Pd e Pdl non sarà abissale.
PRESSING
Il tentativo di tenere sotto pressione il Quirinale da parte del Pdl è evidente, ma ieri l’altro nelle parole di alcuni esponenti del Pdl si coglieva anche un po’ di irritazione nei confronti non solo di Napolitano ma anche della Casa Bianca. L’uso della parola «ingerenza» per attaccare il capo dello Stato risulta significativa se non altro per il suo uso sempre associato, nel linguaggio diplomatico, per descrivere un’intromissione di uno stato negli affari interni di un altro stato. D’altra parte un endorsement di Obama a Monti - ammesso che ci sia stato - non produce in Italia lo stesso effetto che invece scaturisce dalle parole di plauso a suo tempo pronunciate dalla Merkel e, più recentemente, dal ministro delle Finanze Schauble.
Resta il fatto che la precisazione fatta dal Quirinale e dalla stessa Casa Bianca, ha fatto piacere anche in largo del Nazareno, sede del Pd, perché - sostiene un esponente Democrat - «all’estero non può passare l’idea che solo Monti è in grado di assicurare all’Italia governabilità e stabilità».

Martino: così il Colle divide anziché unire

L’INTERVISTA
ROMA Antonio Martino, ex ministro pdl della Difesa, rimugina: «Premetto che sono amico da anni di Giorgio Napolitano. Quando nel ’94 fui eletto, mi avvicinò per dirmi: sono contento che tu sia in Parlamento perché mi sono ispirato a tuo padre come modello per presiedere la Camera».

E tuttavia, onorevole, le valutazioni del presidente negli Usa non le sono piaciute. Perché?

«Diciamo che le ultime sue esternazioni, non solo quella americana, non sono apparse convincenti. Il presidente della Repubblica ha un ambito di esternazioni rigorosamente limitato dalla Costituzione. Nella quale è sancito che il capo dello Stato rappresenta l’unità nazionale: con ciò stesso gli fa dunque divieto di esprimere opinione di parte. Se infatti lo fa, ipso facto discrimina tutti quelli che la pensano in modo diverso».

Resta la sostanza politica, onorevole. Dire che ci sono dei partiti che hanno appoggiato e votato le misure varate dal governo Monti e oggi le rinnegano, è vero o no?

«Secondo me una cosa del genere Napolitano non l’avrebbe dovuta dire. Perché se è vero che il governo Monti è nato per sua volontà e per mesi e mesi è sopravvissuto grazie al voto quasi unanime dei maggiori partiti ma non del mio, visto che fin dal primo momento dissi al premier che non avrei votato la fiducia, è soprattutto vero che la nostra non è una repubblica presidenziale bensì parlamentare».

Insomma a suo avviso il capo dello Stato avrebbe dovuto astenersi da qualunque valutazione perché in questo modo vulnera il suo ruolo super partes?

«E’ così. Agendo in quel modo censura chi la pensa diversamente. E questo il Presidente, rappresentante dell’unità nazionale, non lo può fare. Può manifestare opinioni generalmente condivise oppure esprimere auspici o condanna per ciò che è unanimemente esecrato. Ma non può dire cose che sono condivise da alcuni e criticate da altri. In questo modo non unisce l’Italia: al contrario la divide».

A Napolitano toccherà indicare il nuovo premier dopo le elezioni e offrirgli il mandato per fare il nuovo governo. Anche in quel caso teme comportamenti non super partes?

«Assolutamente no. Sono corto che indipendentemente dai giudizi e valutazioni finora espressi, Napolitano effettuerà la sua scelta nel rigoroso rispetto dell’esito delle urne. Sono fiducioso sul fatto che si comporterà seguendo regole di assoluta correttezza. Detto questo, confermo che da tempo mi sento in imbarazzo per alcuni comportamenti dei nostri presidenti della Repubblica. Ho dovuto registrare con rammarico che in più di una occasione gli ultimi tre presidenti - quest’ultimo in verità meno dei suoi due predecessori - si sono lasciati andare esprimendo giudizi di parte. E questo, ripeto, non lo possono fare. Non può presentarsi a giurare fedeltà alla Repubblica in qualità di capo dello Stato uno che porta all’occhiello lo stemma delle Acli. Si tratta di un distintivo di appartenenza e dunque se è di una parte non può fare il Presidente».

Ovviamente sta parlando di Oscar Luigi Scalfaro...

«Esattamente. Sto parlando di Oscar Luigi, che Dio lo perdoni, Scalfaro».

Mettiamo per un momento da parte la polemica su Napolitano E’ vero o no, onorevole, che nelle cancellerie occidentali c’è preoccupazione per una eventuale vittoria di Silvio Berlusconi?

«Cominciamo a dire alcune cose. La prima è questa. All’inizio del 2011, Berlusconi godeva in Italia di una popolarità prossima al 60 per cento, e all’estero dava fastidio perché si rifiutava di annuire ai diktat franco-tedeschi, tipo il fiscal compact che è una autentica porcheria. Da allora è cominciata la finzione del discredito in cui Berlusconi avrebbe fatto precipitare l’Italia. La realtà è che con Monti ci siamo fatti auto-colonizzare dai tedeschi. E guardi che nel dire così io sono moderato. L’ex ministro degli Esteri tedesco, Fischer, sostiene che già due volte nel secolo scorso la Germania ha cercato di distruggere l’Europa con mezzi militari; ora cerca di farlo, per la terza volta, però con mezzi economici».

Questo il passato. Adesso lo spauracchio Berlusconi c’è o no?

«A me non risulta. Ma anche se ci fosse, so what?».

Tradotto?

«Tradotto: a noi che ce ne cale? Gli italiani hanno o no il diritto di scegliersi da soli chi li deve governare? Oppure devono aspettare un fax da Berlino con il quale si fa sapere chi è gradito alla signora Merkel? Questo è il punto».

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