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Pescara, 20/12/2025
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Data: 18/02/2013
Testata giornalistica: Il Mattino di Padova
Padova: papà “prigioniero” sul bus, moglie e bimbo in strada. Lo sfogo di un ricercatore universitario: «Avevo il passeggino in mano, ho chiesto all’autista se mi apriva la porta dietro e mi sono sentito dare del terrone» (I post di facebook sulla vicenda)

MADONNA PELLEGRINA. Papà, Marco Dispaldro, 33 anni, ricercatore al dipartimento di Psicologia, mamma e piccolino,di 2 anni. Giovedì alle 19.30 salgono sul bus 3 per raggiungere casa, in zona Madonna Pellegrina. Il bus è pieno. Lei, con il bimbo in braccio, avanza fino all’uscita centrale, lui con il passeggino piegato rimane in fondo, ché non è agevole farsi largo nella ressa tenendo quell’ingombro in mano. Via Acquapendente, la fermata giusta si avvicina, è il momento di scendere. Marco Dispaldro non riesce ad avanzare e «chiedo gentilmente all’autista se mi può aprire la porta dietro per farmi scendere. Ma lui non solo si è rifiutato ma è anche ripartito subito senza lasciarmi il tempo di raggiungere l’altra uscita. Intanto però mia moglie con il piccolo erano scesi. E avevo io, oltre al passeggino, anche sciarpa e berretto di mio figlio che ha l’otite. Mia moglie si è un po’ agitata e il bambino ha cominciato a piangere». Niente, l’autista parte, nonostante molti passeggeri nel bus lo sollecitino a fermarsi, e accelera con la velocità e anche con le malagrazie. «Ha inveito contro di me dicendo che dovevo imparare a rispettare le regole, e che forse da dove vengo io le regole non si rispettano». Per la cronaca Dispaldro è di Pescara. «Io gli ho fatto presente che vivo a Padova da anni e che sono un ricercatore universitario ma l’autista mi ha risposto, testualmente: “dall’accento da terrone non si direbbe”, aggiungendo che mio figlio si deve vergognare di avere un padre ignorante come me».

Risultato, Marco Dispaldro scende alla fermata successiva e si fa circa un chilometro a piedi per ritornare a quella dove lo sta aspettando la moglie, bloccata lì col piccolino in braccio e senza le chiavi di casa. «Mi sono sentito umiliato come poche volte in vita mia»: scrive, concludendo la lettera di denuncia e sfogo spedita per mail al mattino.

E così ripete, contattato ieri al telefono: «la gente sul bus incitava il conducente a farmi scendere ma non è servito. Mi sono sentito offendere tirando anche in ballo mio figlio, che si deve vergognare di avere un padre come me. Ci sono rimasto così male, mi sono sentito veramente umiliato. Ma che modi di sono mai questi?».

Certo, deve essere stressante guidare un bus nel traffico, essere sempre disponibili e gentili magari anche quando è l’ultimo turno e uno è stanco morto. D’accordo. Ma si è superato il conducente in questione: bimbo con l’otite, e senza berretto, in strada e in lacrime, mamma agitata e senza chiavi, papà imprigionato in bus e insultato di brutto. Di più non poteva proprio fare.

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