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Data: 18/02/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Bersani: tireremo l’Italia fuori dal buio. Bagno di folla per il leader in piazza Duomo a Milano

A sorpresa sul palco c’è anche Prodi: «Votate uniti»Vendola: per il governo che verrà io sarò garanzia di stabilità
Affondo anti-Lega: le ronde non hanno fermato la ’ndrangheta

MILANO Manca solo Matteo Renzi per l’eventuale foto di gruppo. Tutti gli altri ci sono, Bersani, Vendola, Tabacci, e c’è persino il Professore, inteso come Romano Prodi: «Non salivo su un palco da quattro anni, oggi lo faccio perché ne vale la pena». Gli anni a dire il vero sono cinque, tanti ne sono passati da quando - nel 2008 - fu costretto ad abbandonare Palazzo Chigi. Adesso si dice sicuro che ci andrà Bersani, «perché se lo merita, perché è l’unico che in campagna elettorale ha mostrato serietà».
PROVA DI FORZA CON GRILLO

Davanti a una piazza del Duomo piena il centrosinistra ostenta platealmente segni di compattezza, come per esorcizzare la malattia cronica delle divisioni. Vendola promette: «Nel futuro Governo io non sarò elemento di disturbo, ma garanzia di governabilità e stabilità». Bersani rincara: «Saranno le altre coalizioni a sfasciarsi, non la nostra». E Prodi, che ne ha viste troppe, assicura che le cose sono cambiate: «La squadra resterà unita perché abbiamo imparato la lezione e perché è fatta da uomini diversi dal passato».
La campagna elettorale di Bersani va all’aperto dopo un mese di comizi indoor. E’ anche una prova di forza con Grillo, che le piazze le riempie e che il leader del Pd mette nel mirino come non aveva mai fatto fin qui: «Ha disdetto l’intervista in tv perché lì c’è qualcuno che fa le domande, e avrebbe dei problemi a rispondere». Da lontano, invia una domanda al comico. E la piazza s’infiamma: «Mi spieghi come fa ad andare a Bologna a elogiare Berlinguer e poi stingere la mano a Casa Pound».
IL PORTAFORTUNA PISAPIA

Il sindaco Pisapia fa gli onori di casa. La sua vittoria due anni fa arrivò inattesa, segno premonitore di una riscossa che qui tutti sognano. La platea lo coccola come fosse un amuleto. E poi Bersani ne approfitta per ricordare il giorno del trionfo di Pisapia, sempre in piazza Duomo. Anche allora erano in decine di migliaia, ma c’era pure temporale feroce: «Poi il cielo si aprì e spuntò l’arcobaleno. Tra sette giorni spunterà un grande arcobaleno e tireremo fuori l’Italia dal buio».
C’è un’aria strana di euforia contenuta, come se prevalesse la scaramanzia, il timore che cantar vittoria sia funesto. Invece sul palco dubbi non ne hanno. Tabacci si becca battimani fragorosi con le sue punzecchiature alla Lega «che raggira i cittadini». Vendola fa venire i lucciconi ai vecchietti che si accalcano alla transenna parlando di «dei capitomboli e delle tachicardie del mondo del lavoro». Bersani strappa risate sostenendo che «per un finlandese pure Maroni è un terrone».
Monti oggi rimane sullo sfondo, nessuno lo cita, nessuno lo attacca in modo vistoso. Anche il segretario del Pd evita di stuzzicarlo, non è giornata, e poi oggi il centrosinistra vuol mostrarsi come la coalizione della serietà, dove non si fanno polemiche gratuite o promesse a vanvera: «A differenza degli altri non abbiamo raccontato favole» dice «Siamo certi che l’Italia ce la farà, ma solo se ci diremo la verità».
LA FESTA DELLA LIBERAZIONE

Sul palco nessun vip è ammesso, solo una trentina di ragazzi. Qualcuno prende appunti, altri fanno fotografie alla piazza che adesso invoca «Umberto, Umberto». Che non è Bossi, ma Umberto Ambrosoli, candidato governatore della Lombardia in arrivo dalla società civile. E’ anche il suo giorno, Bersani, Vendola e Tabacci sono venuti per sostenerlo, e pure lui regala ottimismo a piene mani: «Quest’anno la festa della Liberazione cadrà il 25 di febbraio».
Quando a Bersani tocca concludere, ripete le cose che va dicendo da alcuni giorni, ma poi prova a immaginare il primo consiglio dei ministri da lui presieduto: «Faremo due cose: cominceremo col pensare a chi oggi non riesce nemmeno più a mangiare. E poi faremo una lenzuolata di provvedimenti contro la corruzione, per ristabilire un po’ di moralità nella vita pubblica». Il tripudio finale, la piazza si svuota, i militanti contano i giorni che mancano. E incrociano le dita.

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