La paura (di Grillo) fa novanta. Forse anche qualche cosa di più. Se Berlusconi arriva a presentare il comico genovese come un "pericolo per la democrazia" e se Bersani lo accusa di voler "vincere sulle macerie del paese", allora è segno che la "sindrome Grillo" pesa davvero (e molto) in questa campagna elettorale. Attorno al movimento cinque stelle si è creata un'attesa resa ancora più frenetica dal mistero dei sondaggi non divulgati né divulgabili. E, anche, dalla imprevedibile strategia comunicativa di Grillo.
L'ultimo atto di questa strategia è la sua improvvisa rinuncia, dopo aver creato un clima di curiosità ed attesa, a farsi intervistare (alle proprie condizioni) in un programma televisivo.
Questo passo indietro, vera e propria decisione spiazzante, interviene, poi, proprio quando Monti lancia un appello a Berlusconi e Bersani per un confronto a tre, che, ricordiamo per inciso, solleverebbe, quanto meno, qualche perplessità in termini di par condicio. Può essere un caso, o forse no. Ma è, comunque, un indice chiarissimo ( o tale finisce per apparire) dell'intenzione del comico di volersi sempre più differenziare dagli altri competitori politici.
Insieme a Berlusconi, il leader del movimento cinque stelle è stato il vero protagonista delle elezioni di quest'anno. La discesa in campo dell'ex premier ha finito per sconvolgere i temi e i ritmi di una campagna elettorale che, dalle parti del Pd e di Scelta per l'Italia, si considerava chiusa ancora prima di iniziare e ha costretto Bersani e Monti a modificare le proprie strategie calibrandole in funzione antiCav per cercare di bloccare quel recupero berlusconiano che appariva inipotizzabile. Dal canto suo, Grillo ha imboccato una strada diversa da quella dei suoi competitori, nuova e originale, che combina la modernità del Web con il ritorno alla tradizione del comizio e del contatto diretto con la gente: un contatto realizzato, tappa dopo tappa e piazza dopo piazza, attraverso il cosiddetto Tsunami tour. E che non ha bisogno di essere contaminato dalla presenza sullo schermo televisivo, peraltro garantita, sia pure in maniera indiretta, dalle esigenze dell'informazione giornalistica. Le immagini del comico genovese che grida esaltato, sotto la pioggia o sotto la neve, ai suoi fans con gli ombrelli aperti rimarranno come un'icona di questo scontro elettorale.
Al di là dell'aspetto coreografico, queste immagini consentono, peraltro, una lettura del fenomeno del grillismo non riconducibile allo schema, diffuso ma semplicistico e riduttivo, del populismo e dell'antipolitica. Esse, al contrario, danno l'impressione che, accanto alle tradizionali e storiche pulsioni anarchiche di una parte della popolazione, siano presenti nell'animus dei grillini e dei potenziali simpatizzanti del movimento anche, e forse soprattutto, per un verso, l' indignazione per il tradimento dei politicanti e, per altro verso, il desiderio di un recupero della politica.
Ed è proprio la dimensione "politica" e non "antipolitica" del movimento che dà la misura della sua pericolosità. Il bacino elettorale dei grillini è vasto. Comprende i protestatari per vocazione, ma anche i delusi del centrodestra e del centrosinistra. I temi agitati da Grillo sono trasversali o tipici dell'uno o dell'altro schieramento: il sociale, per esempio, o la mala giustizia, i costi della politica o i diritti civili, e via dicendo. Il che spiega l'attrazione esercitata da Grillo e dal suo movimento. Della quale, a quanto pare, si troverebbe riscontro nei sondaggi.
I timori dei politici, si tratti di Berlusconi o Bersani o Monti, sono più che giustificati. Gli scenari del dopo voto si svilupperanno in funzione del risultato del movimento cinque stelle.
Se questo fosse notevole (se, per esempio, i grillini giungessero terzi al traguardo) difficilmente sarebbe ipotizzabile una maggioranza stabile. Dietro l'angolo ci sarebbe lo spettro di nuove elezioni. Se non, addirittura, quello di una crisi generale del sistema che potrebbe comportare persino l'inizio di una nuova stagione costituente. Per questo, ai politici di ogni colore, la paura di Grillo fa novanta. E forse di più.