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Data: 06/03/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Matteo va dal premier e irrita il partito. «Abbiamo sbagliato un rigore». Renzi: c’erano tutte le condizioni per vincere e superare i grillini sulla riforma della politica

Matteo va dal premier e irrita il partito
«Resto alla finestra, no al voto subito»

ROMA La prima tappa delle pre-consultazioni svolte da Mario Monti in nome e per conto di Giorgio Napolitano, è stato un lungo pranzo a palazzo Chigi con Matteo Renzi. Il premier uscente, preoccupato quanto il capo dello Stato del rischio che sull’Italia si abbatta tra pochi giorni una nuova tempesta finanziaria, ha voluto capire cosa ha in testa l’ex competitor di Pier Luigi Bersani e promesso candidato del centrosinistra se si dovesse precipitare verso nuove elezioni. Monti ha cercato di scoprire soprattutto se esiste una disponibilità di Renzi a guidare quella Grande Coalizione bocciata dal segretario del Pd, al grido: «Mai un governo senza Grillo, piuttosto meglio le urne». Ebbene, la risposta di Renzi è stata tutt’altro che incoraggiante: «Me ne sto chiuso a palazzo Vecchio a fare il sindaco e resto alla finestra. Di sangue ne ho versato abbastanza...».
IL PD IRRITATO

L’incontro che ha agitato il Pd («non è Monti che affida l’incarico al prossimo premier, vorrei evitare di infilarci in scorrettezze istituzionali...», ha tuonato Marina Sereni) è stato vissuto con un certo imbarazzo dagli stessi protagonisti. Uscendo da palazzo Chigi, Renzi ha dichiarato: «E’ stata una visita istituzionale, a breve uscirà una nota». Da palazzo Chigi sono corsi a dire che si è «trattato di un colloquio previsto da tempo, ben prima del voto, fissato in occasione del concerto in Vaticano del 4 febbraio». E’ seguita precisazione: «Non è previsto alcun comunicato». Il comunicato, allora, l’ha fatto uscire Renzi: «L’incontro era stato ipotizzato in occasione del concerto dell’orchestra del Maggio musicale fiorentino in Vaticano per discutere delle varie questioni ancora aperte tra il governo e la città di Firenze, in particolare del Nuovo Teatro dell’Opera e delle difficoltà che si trovano ad affrontare gli Enti locali a causa del Patto di stabilità».
PROFESSIONE DI LEALTÀ

In realtà le precisazioni di palazzo Chigi e il comunicato del comune di Firenze, volti a far credere che sia stato un semplice incontro istituzionale, sono state una cortina fumogena per contenere l’ira del Pd. Ma né nell’entourage di Monti, né in quello di Renzi, nascondono nelle due ore di colloquio il premier e il sindaco abbiano «parlato soprattutto di politica e delle soluzioni per dare un governo al Paese». E su questi temi, mentre la signora Elsa serviva i due commensali a tavola, Renzi ha detto a Monti di essere determinato a sostenere Bersani: «Non l’accoltello di certo alle spalle». Da qui quell’«io sto alla finestra, me ne resto a palazzo Vecchio». Il sindaco ha però confermato di non essere d’accordo con il suo segretario che ha proposto di affidare la presidenza del Senato ai grillini: «La strada del baratto di poltrone è sbagliata, bisogna sfidare Grillo sulle cose concrete». Ed esattamente come Napolitano e come Monti, Renzi ha mostrato di non credere all’ipotesi di un governo di minoranza: «L’idea di allearsi con i grillini non è credibile, bisogna trovare altre soluzioni...». Non certo le urne. Renzi, infatti, ha mostrato di preferire l’ipotesi di un governo tecnico. Obiettivo: avere il tempo per svolgere un congresso o nuove primarie per ricevere l’investitura a guidare il centrosinistra. «Non ci sto a farmi nominare candidato da un caminetto con D’Alema e soci...».
GRILLO NON RISPONDE

Da palazzo Chigi assicurano che «non c’è stato alcuno scavalco o sgarro verso Bersani». Che se Monti e Renzi «avessero avuto qualcosa da nascondere, avrebbero potuto vedersi in modo riservato». Ma nell’entourage del premier cominciano a interrogarsi sulle altre tappe delle pre-consultazioni. Bersani andrà domani a palazzo Chigi e Berlusconi venerdì. Ordine del giorno ufficiale: la preparazione del Consiglio europeo del 14 marzo. Ma il «signor Beppe Grillo» non ha dato ancora alcuna risposta alla lettera d’invito del premier. «La verità è che vuole le mani libere, non ha alcuna intenzione di entrare nel gioco istituzionale», dicono a palazzo Chigi, «e questa la dice lunga sulle possibilità di Bersani...».

ROMA La serata di Renzi è a Ballarò. Dove il Rottamatore attacca ma non vuole infierire a proposito del Pd. Va giù duro, quando dice a proposito della sconfitta o vittoria mutilata delle ultime elezioni: «Mi sono mangiato le mani: abbiamo buttato fuori un calcio di rigore». Ovvero: «Avevamo tutte le condizioni per vincere. E vincere sarebbe stato superare Grillo sulle proposte di riforma della politica che poi sono quelle che nella corsa delle primarie più volte io stesso ho sottolineato». Più morbido, Renzi, quando parla di ciò che vuole fare: «Non farò nessuna rottura con il mio partito». Aveva detto che non sarebbe stato uno sciacallo anti-bersaniano e ribadisce il punto: «Tocca al nostro segretario il diritto di provare a fare una proposta di governo». Quella dell’inseguimento a Grillo per Renzi è davvero «molto difficile» e a lui non piace e si sa. E ora aggiunge: «No a inciucioni». E comunque: «Io sto con il Pd, questo è il mio partito». Ma in un passaggio dell’intervista a Giovanni Floris, Renzi parla così: «In un Paese normale, in una fase difficile e delicata come questa in cui nessuno ha la maggioranza, si sarebbe già fatto un governo tra Pd e Pdl. Ma il nostro, purtroppo, non è un Paese normale». Quindi? «La soluzione è nelle mani di Napolitano - incalza Matteo - e saprà trovare la migliore via d’uscita. Abbiamo la fortuna di avere un uomo politico come lui e detto da me, che ho fatto la campagna per la rottamazione e per il ricambio, questa ammirazione per Napolitano vale doppio». C’è chi intanto vorrebbe vedere il salvatore della patria di centrosinistra, cioè appunto Renzi, subito a Palazzo Chigi. Ma lui frena, perché sa che una soluzione di questo tipo lo brucerebbe: «Escludo un governo Renzi».
A PALAZZO CHIGI
Ma a Palazzo Chigi ieri è andato. Facendo precedere la visita da un tweet: «Vado a Roma, per incontri istituzionali». A parlare con Monti di Firenze e delle «questioni aperte» di questa città, in un incontro già da tempo in calendario, ma naturalmente a parlare anche di molto altro: cioè degli scenari di governo. Quando è apparso in vicinanza dello studio del premier, sono subito partite le battute tra i parlamentari che hanno visto la scena: «Renzi è arrivato a Palazzo Chigi e purtroppo ne uscirà». Il sindaco fiorentino a Roma resterà anche oggi per partecipare alla direzione del Pd, dove prenderà la parola non per affossare Bersani ma per fare sentire che c’è. E’ di nuovo in campo Renzi. Ma non vuole farsi schiacciare sul personaggio del salvatore della patria. Ha bisogno di tempo e non intende accelerare i tempi della scalata al Pd che considera comunque inevitabile. Sia se si andrà a votare prestissimo, prima dell’estate, sia - come è più probabile - che si vada a votare presto: a ottobre. Ciò che è certo è che la linea bersaniana dell’inseguimento dei 5 Stelle la ritiene poco praticabile e «Grillo va sfidato, non rincorso».
I RENZIANI
Dice Paolo Gentiloni: «A Renzi va attribuito il premio disciplina per come si è comportato in questi giorni e dopo il 2 dicembre». Ossia la data delle primarie perse con onore. Dopo la vittoria mutilata del Pd il 24 e 25 febbraio, Renzi comunque non ha mancato di far sentire la sua voce più volte. Ad esempio per proporre di destinare i soldi dei rimborsi elettorali al varo di un nuovo piano case in favore dei giovani. Anche oggi alla direzione del partito - di cui si sente parte e non considera un peso ma una risorsa necessaria e ineludibile per la sua ascesa verso la candidatura a premier, magari dopo altre primarie subito dopo l’estate - Renzi dovrebbe sottolineare quanto molti dei temi grillini sui costi della politica siano stati quelli a suo tempo fortemente avanzati da lui stesso. E insomma, nel partito in cui tutti si leccano le ferite, quello che forse ha meno da leccare è lui, tutti lo sanno e molti lo temono.

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