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Data: 07/03/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Verso il nuovo governo - Dal Pd sì a Bersani «Ecco gli otto punti per il governo. E nessun piano B» (Guarda la tabella con gli otto punti)

ROMA Disco verde a Bersani. Unanimità della direzione del Pd, con un solo impavido astenuto, per favorire il tentativo del leader di formare una maggioranza e addirittura un governo con l’appoggio dei grillini e solo di essi, visto che sul Pdl rimane un no pregiudiziale. Un tentativo che nasce fin da subito tra tanti dubbi e perplessità, al punto che non è neanche detto che il capo dello Stato alla fine lo conferirà. Ma tant’è. Il Pd non si mette di traverso, non mette ostacoli al proprio leader e alla speranza di ottenere l’incarico, se poi ci riuscirà è un altro discorso, tanto che Pier Luigi Bersani nelle conclusioni può tranquillamente scandire rinfrancato che «nessun piano B è stato messo in campo, c’è solo il piano A», l’incarico.
IL COLLE

Il tutto condito da ampi riconoscimenti al difficile lavoro di Giorgio Napolitano, le cui prerogative nessuno mette in discussione, anzi, tutti guardano al Colle come l’approdo inevitabile per arrivare a una sintesi. E non è un caso che il primo atto di Bersani al termine della lunga maratona (otto ore di dibattito) sia stato di telefonare direttamente al capo dello Stato per illustrargli i famosi otto punti programmatici sulla base dei quali andare se non alla trattativa, almeno al confronto con i grillini. «La strada è stretta, si tratta di una sfida, li chiamiamo a prendersi le loro responsabilità», ha spiegato Bersani illustrando i suoi otto punti. Presenti ma silenti sia Renzi che Veltroni (secondo alcune voci si sarebbero incontrati il giorno prima per uno scambio di opinioni), entrambi hanno lasciato ben presto la riunione.
LE INCOGNITE

Nel momento in cui Bersani chiede il via libera per l’incarico, sorge subito la domanda: che succede se non va in porto? La direzione del Pd, al momento, ha deciso di non porre la questione all’ordine del giorno, almeno ufficialmente, il che non vuol dire che sia stata assente. Il vasto fronte che va dai renziani ai veltroniani passando per i dalemiani e gli ex popolari, questo tema l’ha posto sul tappeto esplicitamente, avvertendo fin d’ora che fallimento dell’incarico a Bersani non significa e non può significare andare difilato alle elezioni, magari a giugno come qualche giovane turco ha fatto intendere. Paolo Gentiloni lo ha detto per tutti nella maniera più esplicita: «Sono favorevole a sostenere il tentativo di Bersani, ma dobbiamo essere chiari che davanti a un insuccesso non si va necessariamente al voto subito, dobbiamo piuttosto avere fiducia in Napolitano cui spetterà la regia difficilissima per risolvere la crisi». Massimo D’Alema si è spinto oltre, aprendo di fatto a una prospettiva con il Pdl ma al contempo «rammaricandosi» di non poterla percorrere a causa di un ostacolo, «la destra c’è e non possiamo negarlo, l’impedimento è Berlusconi».
LA MEDIAZIONE

Non è stata una riunione da resa dei conti interna. Sgombrato il campo da aut aut tipo «o Bersani o elezioni», la mediazione preparata nei giorni scorsi si è potuta dispiegare, con il retropensiero, serpeggiante in vari interventi, che per aprire una fase nuova (il governo del presidente caldeggiato da Ranieri) si deve prima chiudere quella vecchia, sperando che qualche pasdaran nel frattempo non ottenga l’effetto di condurre al massacro il leader.

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