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Data: 09/03/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Il Cavaliere pensa al voto a giugno. L’ultima chance per tornare in gioco. L’anno prossimo sarebbe incandidabile. E sul caso De Gregorio forse giudizio immediato

ROMA La tentazione è forte: di nuovo alle urne con i cannoni puntati contro i tribunali. Berlusconi che aveva offerto la disponibilità alle larghe intese all'indomani del 25 marzo, ora sembra puntare forte sul piano B: elezioni subito, già a giugno, perché la vittoria sfiorata, a suo giudizio, sarebbe a portata di mano giocando la carta dell'accanimento giudiziario. Un convincimento che nasconde un timore più grave. Berlusconi sente il fiato sul collo della magistratura che se dovesse portare a nuove condanne negli altri processi in corso, lo porterebbe nella condizione di essere incandidabile e in soli sei mesi potrebbe dire addio al seggio parlamentare. Che il mese di marzo sarebbe stato per lui un campo minato sul fronte giudiziario, i suoi lo avevano ben presente. Ora però, davanti alla contestazione del legittimo impedimento con motivazioni di salute da parte dei magistrati, il partito si ribella. «E' un Ingroia con la gonna» attacca Daniela Santanché che esprime così il livello d'indignazione del Pdl contro Ilda Boccassini. «Reagiremo con tutte le nostre forze, stanno tentando di eliminare per via giudiziaria il leader politico italiano che ha avuto più consensi in quest'ultimo ventennio» commenta con durezza il segretario Angelino Alfano. Il Pdl aveva già piazzato i sacchetti di sabbia dopo il verdetto del Processo Unipol per violazione del segreto. «Una sentenza che grida vendetta», perché per i fedelissimi del cavaliere quella condanna suona paradossale per chi ha fatto della battaglia contro le intercettazioni, una bandiera. La manifestazione contro la magistratura sembrava accantonata ma ora un'altra tegola giudiziaria fa salire la tensione. «La faziosità di certi magistrati non conosce confini. Come si fa a mettere in dubbio una malattia solo perché il malato è Silvio Berlusconi?» si chiede Maurizio Lupi che accusa il Pm Boccassini di essere «il grande inquisitore, testimonianza evidente di un epilogo già scritto del processo». L'ira degli azzurri è ai massimi livelli e a mandarli fuori dai gangheri anche gli sviluppi dell'inchiesta della procura di Napoli sulla compravendita dei parlamentari per far cadere il governo Prodi nel 2008. L'indagine, sembra avviarsi verso la chiusura con la richiesta, anche in questo caso, di un giudizio immediato per Silvio Berlusconi, Valter Lavitola e Sergio De Gregorio, accusati di corruzione e finanziamento illecito.

E sul caso De Gregorio forse giudizio immediato

Ieri sentito dai magistrati di Napoli l’ex presidente del consiglio Romano Prodi L’accelerazione sarebbe arrivata dopo il rifiuto di Berlusconi a farsi interrogare

ROMA I pm di Napoli si avviano a chiedere il giudizio immediato per Silvio Berlusconi, Valter Lavitola e Sergio De Gregorio, accusati di corruzione e finanziamento illecito nell’ambito dell’inchiesta sul passaggio al centrodestra di parlamentari per affossare il governo Prodi. E per completare il quadro indiziario nella sede della Direzione nazionale antimafia di Roma ieri sono sfilati alcuni testimoni eccellenti di quella stagione politica. Ieri è stato ascoltato l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, come «persona informata sui fatti» dal pubblico ministero Henry Jhon Woodcok. Sentiti anche i parlamentari Angela Finocchiaro del Pd e Francesco Barbato dell’Idv, Nello Formisano e Giuseppe Caforio oltre ad Antonio Di Pietro. Ai protagonisti di quella tormentata stagione politica, magistrati e ufficiali della Guardia di Finanza hanno rivolto domande sulla situazione politica, sugli schieramenti in Senato, dove il divario tra i due blocchi era di pochi voti e soprattuto sul comportamento di alcuni senatori. I pm titolari dell’inchiesta (i procuratori aggiunti Francesco Greco e Federico Cafiero de Raho e i sostituti Woodcok, Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli, Alessandro Milita e Fabrizio Vanorio) potrebbero dunque chiedere nei prossimi giorni al gip di fissare la data d’inizio del processo «saltando» l’udienza preliminare. Una mossa dettata dalla decisione di Silvio Berlusconi di non essere interrogato in nessuna delle tre date indicate dai magistrati nell’avviso di garanzia, il 5, il 7 e il 9 marzo. Lunedì ha fatto recapitare una lettera ai magistrati affermando che non poteva incontrarli nei giorni prescelti perché le date non coincidevano con alcuni appuntamenti irrinunciabili. Il Cavaliere si era detto disponibile a farsi ascoltare dopo il 15 marzo, ma le ragioni avanzate da Berlusconi non hanno convinto i pm napoletani che hanno comunicato alla difesa di non ritenere «legittimo impedimento» i motivi per non presentarsi in quelle tre giornate. Secondo l’accusa Berlusconi avrebbe fatto della corruzione un metodo per sottrarre senatori al centrosinistra e provocare in questo modo la caduta del governo Prodi. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, alcuni, come De Gregorio, accettarono in cambio di denaro (l’ex presidente della commissione Difesa ha dichiarato di avere ricevuto tre milioni); altri, come Giuseppe Caforio e Nino Randazzo, invece rifiutarono. Proprio Sergio De Gregorio, negli interrogatori resi nei mesi scorsi ai pm, ha riferito dei contatti intercorsi con Caforio e ha ricordato la burrascosa seduta del Senato quando Anna Finocchiaro, adombrando la possibilità che alcuni parlamentari si fossero lasciati corrompere, fece il gesto delle manette. Una reazione che sembra venne accolta bene da Berlusconi. «Mi chiamò il presidente Berlusconi e mi disse: beh da questa sera hai proprio un tifoso in più, perché ti ho battere in aula come un leone. Mi sei piaciuto» racconta De Gregorio ai pubblici ministeri. Ma è il 28 dicembre 2012 che l’ex senatore dell’Idv riferisce il tentativo di corrompere Caforio: «A me è stato chiesto se all’Idv avessi potuto contattare qualcuno e dissi a Berlusconi che forse il senatore Caforio poteva ascriversi al ruolo degli indecisi e lui disse: cosa gli puoi offrire? Puoi proporgli fino a cinque milioni di finanziamento. Nel parlare con il senatore Caforio, che mi registrò e mi denunciò alla procura, non feci però cenni a dazioni di denaro». Ma De Gregorio in un interrogatorio ha fatto anche il nome di Clemente Mastella all’epoca ministro della Giustizia proprio del governo Prodi. Immediata la reazione dell’ex Guardasigilli: «De Gregorio avrebbe affermato di avermi offerto addirittura l’incarico di presidente del Consiglio in cambio del suo sostegno per la caduta del governo Prodi. La ricostruzione appare da sola ridicola. Non può di certo apparire plausibile, un’offerta fuori da ogni logica istituzionale».

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