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Data: 12/03/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ruby-Berlusconi il Pdl marcia sul tribunale. Nuova visita fiscale. «Pronti a disertare le Camere» Alfano lancia un appello al Colle

MILANO Il procuratore aggiunto Ilda Boccassini contro l’imputato Silvio Berlusconi, gli avvocati Ghedini e Longo contro i giudici, i parlamentari del Pdl contro i magistrati. Le udienze dei due processi milanesi a carico dell’ex premier hanno trame sempre più avvincenti. Ieri a Ruby è successo, nell’ordine: un’altra visita fiscale a Berlusconi, i suoi difensori che alle undici se ne vanno, un centinaio di eletti del Popolo delle libertà che tenta di irrompere nell’aula, il giudice che la fa chiudere a chiave, il pm che non la apre, i legali che - di nuovo - abbandonano il tribunale indignati. E alla fine vince Berlusconi: il collegio riconosce il suo impedimento «assoluto» a partecipare al processo e per la seconda volta la requisitoria salta.
DOPPIO IMPEDIMENTO
L’udienza del procedimento nel quale il Cavaliere è imputato di concussione e prostituzione minorile comincia subito in salita. Da venerdì Berlusconi è ricoverato al San Raffaele, i colliri per curare l’infiammazione agli occhi hanno provocato un innalzamento della pressione, i difensori presentano tre certificati nei quali si sostiene che le condizioni del paziente si sono aggravate al punto tale da rendere impossibile la sua presenza in aula. E poiché il Cavaliere vuole rendere dichiarazioni spontanee, chiedono sia riconosciuto l’impedimento. Da estendere anche agli stessi Ghedini e Longo, impegnati nella riunione dei parlamentari del Pdl. Prima camera di consiglio, dalla quale i giudici escono con la seguente ordinanza: «La partecipazione alla riunione del partito è esclusivamente politica», non riveste carattere parlamentare, quindi non rientra nell’alveo del legittimo impedimento. Quanto alla malattia di Berlusconi, come accaduto sabato nell’appello Mediaset «si dispone una visita fiscale necessaria per accertarne le reali condizioni». Il cardiologo Cesare Fiorentini, l’oculista Stefano Gambaro e il direttore del dipartimento di Medicina legale Marco Grandi partono alla volta del San Raffaele, quattro ore dopo al fax della cancelleria arriva la loro relazione: «Scompenso pressorio dell’imputato, assoluta impossibilità a comparire». Domani si torna in aula per un’udienza transitoria, dato che la prognosi per l’ex premier «è di quindici giorni per la parte oculistica, di sei, sette giorni per quella cardiovascolare e sarà sottoposto anche a una tac», annuncia Ghedini. Per l’udienza Mediaset di sabato ha già inoltrato la richiesta di sospensione.
VITA DA OSPEDALE
Intanto, nella sua stanza delle dimensioni di un appartamento, Silvio Berlusconi è «sereno e combattivo come sempre», riferisce il suo avvocato. Accanto a lui c’è sempre Francesca Pascale, che si concede una pausa ad Arcore tra le due e le quattro del pomeriggio, ogni giorno passano a trovarlo le figlie Marina e Barbara. Non può ricevere altre visite, Zangrillo ha lasciato sulla porta 150 parlamentari, l’unica distrazione del Cavaliere è qualche giro tra i reparti, protetto dalle guardie del corpo. «E’ passato nella mia stanza - racconta Marco Ficarra, 31 anni - Indossava occhiali da sole con lenti fotosensibili». Stamane sarà dimesso, nel frattempo «è un paziente sottoposto a terapia cardiovascolare, che continua a rimanere sotto stretto monitoraggio».

«Pronti a disertare le Camere»
Alfano lancia un appello al Colle

MILANO Apre la fila l’impettito Scilipoti che con passo stentoreo s’incammina verso il Tribunale. Dietro di lui tutti i parlamentari del Pdl che all’ora di pranzo marciano verso Palazzo di Giustizia. Più che una marcia, a onor del vero, è una passeggiata dei berluscones che a gruppetti si dirigono al luogo dello scandalo suscitando la curiosità dei passanti: «Mi è sembrato di vedere Minzolini e Giovanardi. Possibile?». Per ultimo arriva uno stanco Bonaiuti, che si mette in disparte. Maria Stella Gelmini s’inorgoglisce: «Berlusconi non voleva, noi siamo venuti lo stesso».
Il Cavaliere domenica aveva pubblicamente sconsigliato il presidio: «Io sono uomo delle istituzioni, e le rispetto». La Santanché prendendo posto davanti al Palazzo, sotto la gigantografia di Falcone e Borsellino, dissente: «Sono contraria ad avere rispetto per chi non ha rispetto». E allora eccolo qui lo «strappo istituzionale», il «gesto eversivo» come lo etichetta Nichi Vendola. Loro la spiegano così: «Niente di eversivo, siamo qui per difendere la democrazia». Si sistemano sullo scalone per la foto di gruppo e aspettano Alfano.
PRONTI ALL’AVENTINO

Gli eletti del Pdl si erano riuniti in mattinata all’Unione del Commercio per organizzare il proprio avvio di legislatura a Camera e Senato. Ora però minacciano addirittura di esordire nel nuovo Parlamento con gesti clamorosi: «Siamo pronti a disertare Montecitorio e Palazzo Madama». Insomma, tutti sull’Aventino per difendere Berlusconi «dagli agguati di certi magistrati». Accadrà davvero? «Vediamo come evolvono le cose». Intanto i centocinquanta eletti, dopo aver interrotto la riunione organizzativa, premono davanti all’ingresso del Tribunale intonando l’Inno di Mameli.
Le donne hanno l’aria compunta, come a sottolineare la gravità del momento. I colleghi uomini somigliano più a studenti in gita scolastica, Verdini fuma e ridacchia, il molisano Di Giacomo parla del suo sentirsi in bilico: entrerà in Senato solo se Silvio gli lascia il posto optando per una regione diversa dal Molise. Però quando Alfano invoca l’intervento del Colle diventano tutti seri: «Napolitano è un interlocutore di cui ci fidiamo, è anche presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Ci affidiamo a lui». Annuncia di aver già preso un appuntamento al Quirinale per oggi: «Gli esterneremo le preoccupazioni per l’emergenza democratica».
L’assedio al Palazzo avviene nei minuti in cui al San Raffaele è in corso la visita fiscale a Silvio. Proprio la decisione dei giudici di mandare i periti al capezzale del leader ha fatto traboccare il vaso. Dice Alfano: «Non avremmo voluto venire qui, ci hanno costretto gli eventi drammatici di questa mattinata». Dove agli «eventi drammatici» vanno aggiunti la richiesta di processo immediato a Napoli per la compravendita di deputati e il rifiuto di riconoscere il legittimo impedimento a Ghedini e Longo.
LA NIPOTE DI MUBARAK

Le tesi dei rivoltosi sono drastiche. Per loro Berlusconi è sotto tiro, pm e giudici non gli riconoscono i suoi diritti di cittadino e di imputato, «vogliono eliminarlo giudiziariamente non essendoci riusciti col voto». Altro da aggiungere, dicono, non c’è. Inutile provare a scendere nei dettagli o nello specifico dei processi. Qualcuno malignamente ricorda a Michaela Biancofiore il voto del Parlamento a maggioranza pidiellina che definì Ruby la nipote di Mubarak. La risposta: «Chi vi ha detto che non lo fosse davvero?».

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