ROMA Grillo ha voluto mettere la cifra al centesimo: 42 milioni 782.512,50 euro. Il conto esatto dei contributi pubblici previsti dalla legge per le spese elettorali. Un assegno che i 5 Stelle non metteranno all’incasso, soldi che «torneranno ai cittadini», ovvero allo Stato. «Il mio auspicio è che tutte le forze politiche seguano il nostro esempio, in particolare il pdmenoelle al quale spetta la quota più rilevante». È la sfida lanciata a Bersani sui costi della politica. Grillo che sposta l’attenzione e allenta la pressione sul suo gruppo parlamentare alle prese con le prime trafile di ordine burocratico. Una boccata d’ossigeno che consente al moVimento di rifiatare e gestire il dissenso che inizia ad affiorare sulla strategia da adottare. Dissenso che preoccupa non poco il leader e il cofondatore Casaleggio. «Non è necessaria una legge, è sufficiente che il segretario Pd dichiari su carta intestata, come ha fatto il M5S, la volontà di rifiutare i rimborsi elettorali con una firma. Per facilitare il compito ho preparato il documento. Bersani, firma qui!».
Grillo chiede insomma «meno parole e più fatti». E così facendo esce dall’angolo in cui lo aveva stretto la richiesta di un referendum online sul sostegno al Pd. E sempre ieri, quasi in simultanea, Roberta Lombardi, capogruppo alla Camera ripeteva il solito refrain, e cioè che «non ci sarà nessun appoggio al Pd per la costituzione del nuovo governo». E che «se qualcuno deciderà di farlo sarà fuori dal moVimento». Idem per chi non accetterà il taglio all’indennità parlamentare.
L’ASSIST DI IMPOSIMATO
Per i democrat rinunciare ai rimborsi vorrebbe dire rispedire al mittente qualcosa come 45 milioni e 850 mila euro. La fetta più grande della torta assegnata ai partiti. Non proprio bruscolini, dunque. E sempre sulla stessa questione è arrivato l’assist di Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Suprema corte di Cassazione. «Cari amici - scrive il magistrato - anch’io sarei favorevole a una intesa tra M5S e Pd ma devo riconoscere che tra gli 8 punti del Pd manca il tema della riduzione dei costi della politica, l’eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti». Un vulnus. Un punto debole sul quale picchiare. E Grillo, c’è da giurarci, lo farà ancora.
INELEGGIBILITA’ DEL CAV
I grillini hanno attaccato anche Berlusconi. Ed è un fatto nuovo. Prima annunciando - come ieri il senatore Vito Crimi - che voteranno per «l’ineleggibilità» del Cavaliere «in quanto concessionario di servizio pubblico». E un voto contrario della Giunta per le elezioni vorrebbe dire l’arresto qualora le vicende giudiziaria dell’ex premier dovessero precipitare. Poi, criticando la manifestazioni anti-pm a Milano, con la richiesta di «maggior rispetto verso un potere dello Stato come quello giudiziario. Quando il discorso si è spostato sulle «poltrone» Crimi ha negato che siano in corso trattative sottobanco. «Ci aspettiamo un questore, un vicepresidente della Camera e un questore e un vice presidente del Senato», ha ammesso alla luce del sole. Precisando però che «le regole sono contorte, sono fatte in modo che non ci tocchino, dovremmo fare degli accordi ma noi non li faremo».
LA PRESIDENZA? SI GRAZIE
E la presidenza della Camera? «Se vogliono darcela, noi diciamo grazie», ha ammesso il portavoce dei grillini a palazzo Madama. In vista della prima seduta parlamentare di venerdì prossimo è stata annullata, infine, anche «la biciclettata». Ad aspettarlo davanti alle Camere ci saranno solo gli attivisti di Sel guidati da Gianluca Peciola che lanceranno ai 5Stelle un appello «per la democrazia e per uscire dalla crisi».