ROMA La fumata bianca di Matteo Renzi arriva per Espresso. «Sono leale a Bersani, ma se il suo tentativo fallisce sono pronto a candidarmi», annuncia il sindaco. Renzi c’è. Più che mai in campo. Non attende impaziente la caduta di Bersani, ma neanche tifa per la sua riuscita. Semplicemente, fiuta l’aria, sente odore di elezioni anticipatissime, e dà voce a quanti invocano non più tanto la sua discesa in campo, che c’è già stata, quanto l’occupazione del campo. Una lancia acuminata spezza a suo favore Michele Salvati, uno dei massimi ispiratori della nascita del Pd, che sul Mulino di cui è direttore scrive: «Renzi è l’ultima occasione che ha il Pd, non sprecatela».
SMOTTAMENTO
Al momento, però, il Pd appare impegnato nell’ingrato e difficile tentativo del suo leader di dare vita a una maggioranza e a un governo con l’appoggio dei grillini. Un tentativo che in tanti definiscono impossibile, facendo capire che l’obiettivo vero in realtà è un altro: tentare il tentabile, e se tutto salta andare alle elezioni sempre con Bersani candidato premier. E in quel caso nel Pd è prevedibile si aprirebbe un vero e proprio scontro all’arma bianca. Anche perché a sostenere Bersani sono al momento ancora in tanti nel partito, ma tanti sono anche quelli che hanno già fatto capire di volersi spostare su Renzi (ex popolari, franceschiniani, veltroniani, lettiani), alcuni lo hanno anche annunciato, altri a sorpresa, come il ”giovane turco” Matteo Orfini, ha spiegato che «con il sindaco di Firenze non intendiamo fare una sfida all’ok Corral», mentre sulle pagine del Corriere fiorentino non disdegna uscite favorevoli all’indirizzo del rottamatore.
PORCELLUM DA CAMBIARE
Renzi si trova un po’ nella situazione di Walter Veltroni all’epoca dell’ultimo governo Prodi, leale al Professore ma anche conscio che alle urne si poteva arrivare da un momento all’altro e bisognava quindi essere pronti. «Non mi sostituisco a Napolitano, ma prevedo una legislatura breve», premette. E dunque: Renzi auspica che prima del ritorno al voto «si possa almeno cambiare la legge elettorale in direzione del modello sindaco d’Italia. Se alla Sistina si votasse con il Porcellum, uscirebbero eletti in quattro». Su Grillo, invita il Pd a non andare a rimorchio del programma cinquestelle, ma di intavolare ogni discorso sulla base del programma democrat. Punterebbe alla segreteria? Renzi spiega ancora una volta che il percorso che ha in mente non prevede scalate al vertice del Pd, ma direttamente la candidatura a palazzo Chigi. Scissioni in vista? Altri partiti all’orizzonte? Anche qui, chiarezza e lealtà: «Sono rimasto nel Pd e con Bersani non solo perché leale alla ditta, ma anche perché penso che il Paese abbia bisogno di due grandi partiti, non possiamo continuare con l’idea che ognuno si fa il suo partitino». Il sindaco annuncia un suo piano del lavoro, un «job Act» che definisce «molto innovativo», anche per pararsi dall’accusa di non pensare ai temi del lavoro e dell’occupazione. C’è poi la stoccata finale interna che prende di mira l’amico Beppe Fioroni: «Quando ho letto che anche Fioroni mi appoggerebbe, mi è venuto qualche dubbio».
E Fioroni chiamato in causa non è uno che le manda a dire. Replica: «Non dir gatto se non l’hai nel sacco... Matteo vuole un evento traumatico. Solo che, ogni volta che Matteo fa uscite di questo tipo, Franceschini si rabbuia, Veltroni si incavola, i turchi si spaventano, non so quanto gli convenga».