ROMA «Se Bersani fallisce si torna al voto. Siete pronti per la campagna elettorale?» «Siiiiii!». Sono le quattro del pomeriggio e piazza del Popolo - «da oggi piazza del popolo delle libertà» a sentire il Cavaliere - è una distesa di bandiere e cappellini distribuiti dal partito quando Silvio Berlusconi si affaccia sul palco. Il leader parla a una folla di simpatizzanti arrivati con più di cento pullman da tutta Italia (domina la Campania): tantissimi gli anziani, pochissimi i giovani, che brandiscono cartelli distribuiti dall’organizzazione contro Equitalia, contro i pm politicizzati, per la restituzione dell’Imu, per i marò. Berlusconi, seppure non in forma smagliante, è un fiume in piena. Manda un saluto «a Fini e a Di Pietro» e - non poteva mancare - a «Ingroia, l’eroe del Guatemala che d’ora in poi indagherà sugli stambecchi del Gran Paradiso». La folla che riempie la piazza esplode in un fragoroso applauso che raddoppia quando il Cavaliere cita lo scontro dei giorni scorsi fra il segretario Angelino Alfano e la giornalista Lucia Annunziata: «Non ho mai visti tanti impresentabili tutti assieme». Poi giù con la chiusura di Equitalia, con lo stop ai pignoramenti della prima casa, con l’obbligo per le banche di riprendere l’erogazione dei finanziamenti. E con l’affondo contro «i pm comunisti che mi hanno perseguitato per anni con indagini e intercettazioni affinché lo stesso non possa mai accadere anche a voi, affinché nessuno vi possa coprire di fango come è stato fatto con me», afferma il Cavaliere sorvolando sul mese di legittimo impedimento che gli è stato riconosciuto ieri a Milano dai giudici del processo Mediaset. «Vogliamo affermare il diritto del cittadino, e ancor più di chi è stato eletto dal popolo, alla revoca di un pm che militi in una corrente della magistratura ideologizzata e politicizzata per combatterlo e danneggiarlo», dice ancora. L’affondo successivo - fin troppo facile - è sulla vicenda marò, sulle responsabilità del governo Monti che «prima ci è rimasto supino davanti alla Germania e ora ci ha ridicolizzato e umiliato persino con l’India». Quindi la partita politica. «Di Napolitano ci fidiamo», ma «a Bersani è stato dato un incarico precario. È passato più di un mese, dite a Bersani che non ha vinto le elezioni», incalza Berlusconi che accusa il segretario del Pd di «non volere il patto col Pdl perché «acceccato dall’odio contro di noi». E poi aggiunge: «Siamo maggioranza del Paese e siamo pronti al voto». Del resto - afferma il presidente del Pdl - «se la sinistra prende il Colle è un golpe. Il capo dello Stato deve essere deciso da 50 milioni di italiani al termine di una campagna elettorale aperta, libera, trasparente». Elezione diretta, dunque. E questa volta «deve essere un moderato di centro destra». Non certo Prodi «che è tutto meno che superpartes». In chiusura non resta che sventolare il fantasma di Cipro. «Potrebbe succedere anche in Italia, ma Bersani la parola sviluppo non l’ha pronunciata mai. Scherzano col fuoco mettendo da parte i problemi reali del Paese per mettere sul tavolo il conflitto d'interesse, il falso in bilancio, e perfino, roba da matti, la questione lunare della mia presunta ineleggibilità».