Prima giornata di colloqui: «A questo punto vedremo chi vuole il cambiamento, nel programma incandidabilità e ineleggibilità»
LE CONSULTAZIONI
ROMA «La governabilità senza cambiamento non esiste. Se mi sarà data la possibilità, farò proposte di cambiamento sul piano programmatico, e se potrò fare un governo il cambiamento si vedrà anche lì». E’ all’insegna dell’innovazione che Pier Luigi Bersani apre la prima giornata di consultazioni con i rappresentanti dei Comuni e del Terzo settore. Continua oggi incontrando Confindustria, Confagricoltura, Cooperative e altre parti sociali. Ma la fase calda per il presidente incaricato inizierà martedì con i colloqui con i partiti. Ieri solo qualche scambio di battute a distanza e qualche messaggio: al Cavaliere che definiva «precario» il suo incarico, Bersani ha ribattuto: «Dica Berlusconi se ci sono ipotesi meno precarie. Non nego che la porta sia stretta, ma se mi metto al servizio di questa possibilità non è per ambizione personale ma perché altre cose sarebbero ancora più difficili e precarie». Dettosi «preoccupato per le sorti del Paese», il segretario del Pd si è poi rivolto a Grillo e ai suoi: «Non c’è bisogno che M5S mi attacchi, si assumano le proprie responsabilità, in altri passaggi si è visto che noi non siamo in coda ma in testa all’esigenza di cambiamento, se altri si sottraggono se ne assumano la responsabilità».
Assunzione di responsabilità che, in qualche misura, il presidente incaricato cerca di rendere più agevole ai suoi interlocutori muovendosi nel «solco indicato da Napolitano», che prevede, appunto, un «doppio registro»: da una parte, un programma immediato di riforme di governo su temi sociali e di moralità pubblica e, dall’altra, il confronto su temi istituzionali riguardanti, in particolare, «riforme di cui si parla da 15 anni senza averle mai fatte». Ed è su questo secondo terreno che Bersani spera «si possa trovare un equilibrio di responsabilità». In altre parole, una possibilità di intesa che, soprattutto al Senato, consenta al suo esperimento di decollare.
CONCORDIA NO
Nello stesso tempo Bersani prende le distanze da quel richiamo alla «concordia» lanciato da esponenti del Pdl che il premier incaricato, prevede sì di incontrare nel corso delle sue consultazioni ma che, avverte, «non mi parlino di concordia coloro che a cinque mesi dalle elezioni hanno lasciato il cerino in mano a chi deve rimediare ai loro danni, mettendosi in libertà in campagna elettorale». E per costoro Bersani ha in serbo il boccone più amaro quando annuncia che nel programma di governo ci saranno «norme stringenti sul conflitto di interessi, sull’ incandidabilità e l’ ineleggibilità: si riparte sul pulito, su basi nuove», ha concluso.
La prima giornata del presidente del Consiglio incaricato si è chiusa con una dichiarazione «non pessimismo». «Niente è impossibile», ha detto Bersani ai giornalisti annunciando anche una serie di incontri con personalità della cultura e della società italiane.
Poco incline alle previsioni è parsa Susanna Camusso che, a Cernobbio, a chi le domandava se fosse fiduciosa sulla nascita del governo Bersani, che incontrerà nel corso delle consultazioni di lunedì, si è limitata a rispondere che al premier incaricato chiederà «di occuparsi dell’economia reale e della condizione del lavoro».
Ma su riforme e Colle apre al dialogo con il Pdl
Incarico, il segretario tira dritto e pensa a una squadra mista di tecnici e politiciIl Pd potrebbe proporre un capo dello Stato che non abbia l’ostilità del centrodestra
IL RETROSCENA
ROMA Di un accordo organico col Pdl Pier Luigi Bersani non vuole sentir parlare anche se il muro eretto dal M5S continua a risultare impenetrabile. Anche se nel Pd dalemiani, veltroniani, renziani e buon parte degli ex Margherita, immaginano possibili governi col Pdl qualora il tentativo di Bersani dovesse fallire. Al Nazareno si punta tutto sul programma e sulle «sorprese» che il leader incaricato intende proporre ai partiti e su questo domani sera Bersani cercherà un nuovo mandato in direzione. E’ dal giorno dopo il risultato elettorale che Bersani con un occhio lavora alla composizione della sua maggioranza, e con l’altro si guarda le spalle da alcuni maggiorenti del suo partito che sono pronti ad aprire a quel governo del presidente che dovrebbe nascere proprio grazie all’intesa con il Cavaliere e che, a suo giudizio, manderebbe in brodo di giuggiole Beppe Grillo.
DIREZIONE
L’inattesa convocazione della direzione del Pd fissata per domani e prima degli incontri con le delegazioni dei partiti, serve al segretario per ricevere un nuovo mandato e riallineare un partito nel quale c’è chi sostiene sempre più apertamente e criticamente che «Bersani ha cambiato linea e dallo scouting nei confronti dei 5stelle è passato allo scouting nel centrodestra». Il breve colloquio che il segretario del Pd ha avuto ieri con Roberto Maroni a margine dei funerali del capo della Polizia Antonio Manganelli, non sembra aver prodotto granché, ma è un segnale che l’orizzonte del segretario si è ampliato e che, pur mantenendo alto il profilo del programma, c’è la disponibilità ad immaginare soluzioni diverse, senza passi indietro e piani B.
A fornirle al Nazareno sarebbe stato l’ex ministro Calderoli che di regolamenti se ne intende e che a palazzo Madama potrebbe lavorare su assenze e congedi per malattia di alcuni senatori che permetterebbero di abbassare il numero legale e rendere più bassa la soglia della fiducia. Nel ginepraio di ipotesi regolamentari il segretario del Pd non intende per ora entrare e lascia che se ne occupi il gruppo di senatori guidato da Zanda. Finocchiaro in testa.
LEGA
L’avvio delle consultazioni con gli incontri con le parti sociali che da tempo reclamano un governo, serve a Bersani per riportare all’attenzione dei partiti le difficoltà della crisi economica che la mancanza di un governo, e possibili nuovi scenari elettorali, renderebbe esplosiva. Il doppio binario immaginato da Bersani, da un lato il governo monocolore Pd e dall’altro un pacchetto di riforme costituzionali da fare tutti insieme, resta per ora l’unico modo per agganciare il Pdl senza finire sotto il fuoco dei grillini. Il prezzo che Bersani sa di dover pagare, qualora il centrodestra in qualche modo rendesse possibile l’avvio della legislatura, si chiama Quirinale. Infatti, se la Lega dovesse a palazzo Madama votare per il governo e decidere di mettere tutti i suoi senatori in congedo per malattia, la trattativa per individuare il successore di Napolitano finirebbe con il coinvolgere necessariamente anche il Pdl. E’ infatti difficile infatti pensare in questo momento ad una divaricazione tra Pdl e Lega. Ovviamente non si tratta di votare per il Colle un candidato scelto dal centrodestra. Né di concertarlo con Berlusconi, come avvenne ai tempi della segreteria Veltroni nella scelta di Ciampi, ma di creare il clima che portò sette anni fa al Colle Giorgio Napolitano che non venne votato dall’allora Casa delle Libertà che si limitò alla scheda bianca. Bersani sa che, malgrado i toni da comizio di ieri, Berlusconi è disposto a permettere la nascita del suo governo. Come anche sa quanto sia bassa la voglia del Cavaliere di tornare alle urne in un ruolo da candidato premier che ha dovuto mimetizzare anche nelle scorse consultazioni.
MINISTRI
Da un lato un governo di forte cambiamento, composto da ministri politici e non (Enrico Letta, Fabrizio Barca, Fabrizio Saccomanni, Michela Marzano), dall’altro un percorso di riforme costituzionali da condividere con il Pdl insieme alla scelta del nuovo presidente della Repubblica, argomento sul quale il Cavaliere è molto sensibile.
Un doppio binario che non rinuncia ai temi della legalità (è per questo che ieri Bersani ha incontrato lo scrittore Roberto Saviano) e a quelli della «pulizia» (ineleggibilità, incandidabilità e conflitto d’interessi). Temi sui quali difficilmente domani sera i maggiori leader del Pd potranno distinguersi. Tanto più se, come sembra, anche stavolta sarà tutto in diretta streaming.