ROMA Su un punto sembrano tutti d’accordo: lo sblocco dei pagamenti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese è in cima alle varie liste di richieste che le parti sociali hanno presentato a Pier Luigi Bersani. Lo sollecitano a gran voce le varie associazioni datoriali, inclusi i rappresentanti di banche e assicurazioni, ma anche i sindacati e persino il Forum delle famiglie. L’esigenza riguarda soprattutto piccole e medie imprese, ma è condivisa l’idea che l’immissione nel sistema di una forte dose di liquidità avrebbe un effetto di spinta per l’intera economia. Al prossimo esecutivo si chiede un’azione più decisa di quella del governo attuale, anche nei confronti degli interlocutori europei.
IL PACCHETTO FISCALE
Anche il fisco è un tema centrale nelle agende proposte dalle diverse delegazioni, e ci sono significativi punti di convergenza. La cancellazione dell’aumento di un punto dell’Iva, che in assenza di nuovi interventi legislativi scatterà il primo luglio, preoccupa naturalmente commercianti e artigiani, ma è un problema ben presente anche alla Cgil, che al pari dei rappresentanti delle imprese teme la concentrazione di scadenze di pagamento che si avrebbe alla metà di quest’anno. E più o meno lo stesso vale per la Tares, la nuova tariffa dei rifiuti la cui entrata in vigore è già stata rinviata proprio da gennaio a luglio. Un ulteriore slittamento incontra però la contrarietà dei Comuni, che hanno bisogno di incassare quelle risorse per puntellare i propri precari bilanci.
I sindacati poi hanno posto anche il tema dell’alleggerimento dell’imposizione sul lavoro e la Cisl in particolare ha menzionato anche il contrasto all’evasione fiscale, invocando misure più dure di quelle in vigore.
LE RISORSE DA REPERIRE
Naturalmente il dossier fisco, per quanto ampiamente condiviso, porta con sé la necessità di reperire un’adeguata copertura finanziaria. L’aumento di un punto dell’aliquota ordinaria dell’Iva vale 4,3 miliardi l’anno, mentre per un sostanziale ridimensionamento dell’Imu sull’abitazione principale ne servirebbero almeno 2,5-3. L’incremento di gettito della Tares rispetto ai tributi precedenti (per la componente legata ai servizi indivisi) è di 1 miliardo. E risorse ancora più cospicue dovrebbe trovare un governo che volesse intervenire in modo significativo sul pesante carico che grava su imprese e lavoratori, ad esempio con l’eliminazione del costo del lavoro dalla base imponibile dell’Irap, o con una sforbiciata all’Irpef.
Un altro capitolo delicato, per motivi politici oltre che finanziari, è quello sociale e del lavoro. La volontà di fare qualcosa per alleviare la situazione dei cosiddetti esodati (i lavoratori che a causa delle nuove norme sulle pensioni si ritroveranno per mesi o anni senza pensione né stipendio) è comune più o meno a tutte le forze politiche e trova sostegno anche tra le parti sociali, anche se questo non vuol dire necessariamente mettere i discussione la riforma previdenziale. Ancora una volta si tratta però d trovare adeguati fondi per passare dalle parole ai fatti.
IL REBUS DEL LAVORO
C’è poi una richiesta del fronte delle imprese, guidato da Confindustria, a proposito dell’altra legge firmata da Elsa Fornero, ossia il riassetto del mercato del lavoro. Il punto dolente è quello della precarietà in entrata: per scoraggiarla - è l’obiezione diffusa - si è reso molto più difficoltoso l’ingresso dei giovani in azienda. Posizione che almeno in parte è condivisa dalla Cgil, secondo la quale la riforma ha fallito l’obiettivo originario di garantire più diritti.
In tema di lavoro, molti interlocutori di Bersani hanno anche evidenziato la necessità di mettere a punto misure straordinarie in particolare contro la disoccupazione giovanile, ma naturalmente nessun governo ha la bacchetta magica su un argomento del genere; ancora meno un governo costretto a partire senza una maggioranza parlamentare stabile.