ROMA Governo tecnico, ultimo atto. L’autodifesa di Mario Monti presidente del Consiglio sulla vicenda dei marò, alla Camera: «Scelte condivise finché ho deciso io di farli rientrare, per salvaguardare l’onorabilità del nostro Paese e i rapporti con l’India. L’Italia rischiava l’isolamento internazionale». Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi? «Si è dimesso per altri fini». Non per far restare i marò in Italia, intende il premier, ma per poltrone a cui allude Enrico Letta, del Pd: «L’ingresso in un parlamento». Europeo. Secondi fini che Terzi smentisce: «Mai nessuna finalità personale».
QUASI UNO PSICODRAMMA
In aula vanno in scena i livori del centrodestra, che scarica sul premier una frustrazione che parte dal novembre 2011 quando il Professore subentrò al Cavaliere. Il capogruppo Pdl, Renato Brunetta, con voce rotta dall’affanno, trancia duro: «Si può dimettere ora, visto che lo stava per fare, dissuaso dal capo dello Stato, per lo scranno più alto del Senato». Lo stesso dai banchi della Lega: «Tolga il disturbo». Quasi uno psicodramma d’aula sulla pelle dei due fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ormai in India. Con sfogo finale dello stesso Monti: «Questo governo non vede l’ora di venire sollevato dall’incarico». Il presidente del Consiglio ripercorre la controversia, rivela che stavano forse per scattare misure dei Brics, i grandi paesi emergenti, contro l’Italia per l’annuncio del mancato rientro in India. Dal 16 febbraio 2012 quando i marò furono arrestati, «l’impegno mio personale e del governo è stato assoluto, una strategia di contrapposizione frontale non avrebbe portato a risultati diversi perché i due fucilieri si trovavano in India. Abbiamo prontamente agito per avviare consultazioni col governo indiano e arrivare a una procedura arbitrale. Ma c’è stata chiusura da parte loro». Il vero nodo era l’assenza di regole d’ingaggio, la catena di comando, infatti fu l’armatore a decidere che la nave entrasse in acque indiane, esponendo i marò all’arresto. Monti chiede di rivedere la legge. L’ex ministro degli Esteri Franco Frattini ricorda di avere sconsigliato i marò sulle navi senza regole chiare e di aver consegnato un dossier a Terzi in questo senso.
LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI
Quando la Corte Suprema indiana ha ordinato la creazione della Corte speciale, rifiutando l’arbitrato, il governo ha pensato di sfruttare il permesso concesso ai marò. E qui Monti accusa Terzi di aver «anticipato un risultato finale non scontato, rilasciando precipitose dichiarazioni alla stampa». Terzi ribatte: «Mai anticipato notizie in modo autoreferenziale. Monti conferma che le decisioni erano collegiali». Il Prof in aula spiega che vista la reazione indiana, ha dovuto ripensarci. Ed è sceso in campo il sottosegretario Staffan De Mistura che ha concordato con gli indiani le condizioni del rientro: i due marò in ambasciata, niente pena capitale. E, dopo, l’ambasciatore ha riconquistato l’immunità. «La decisione è stata difficile e dolorosa ma necessaria». Infine, l’atto d’accusa contro Terzi: «Sono stupefatto per ciò che ha fatto, le dimissioni alla Camera senza informare né me né il capo dello Stato, e per ciò che non ha fatto. E senza dissentire. Signori, niente di tutto questo». Terzi ovviamente nega: «Le dimissioni alla Camera? Un atto legittimo, deciso in quel momento. Il dissenso? Sempre espresso». Ma Monti è convinto che Terzi abbia voluto non tanto modificare una decisione «alla quale aveva consapevolmente partecipato», ma che il suo obiettivo fosse «quello più esterno di conseguire altri risultati che magari nei prossimi tempi diventeranno evidenti». E per concludere, sui marò, un omaggio alla loro «grande testimonianza di onore, rispetto delle stellette e attaccamento al Paese». Quando Monti li ha salutati (racconta), Latorre e Girone si sono detti preoccupati perché «rispettiamo lei, il capo dello Stato e il ministro Di Paola, ma tutto cambia in Italia». Fuori dal Parlamento, i familiari chiedono solo «collaborazione». Vania Ardito e Franca Latorre, moglie e sorella di Girone e Latorre, tagliano corto: «La politica non ci interessa». Vogliono indietro i loro uomini.