ROMA Stavolta, forse, potrebbe essere la volta buona. Dopo il via libera di Camera e Senato - praticamente all’unanimità - alle risoluzioni sulle nuove stime economiche del governo, lo stesso esecutivo dovrebbe approvare oggi il decreto con il quale si avvia lo sblocco dei pagamenti alle aziende che sono creditrici della pubblica amministrazione. Lo schema è quello delineato nei giorni scorsi: precedenza ai debiti nei confronti delle imprese, rispetto a quelli che sono stati ceduti alle banche. Ma nella bozza sulla quale si lavorava ieri è apparsa anche una novità potenzialmente non favorevole per i cittadini: la possibilità per le Regioni che smaltiscono il proprio arretrato di applicare già da quest’anno la maggiorazione dell’addizionale Irpef che in base alle norme vigenti sarebbe potuta scattare dal 2014. La forte convergenza parlamentare, compreso il Movimento 5 Stelle è un segnale dell’urgenza attribuita da tutte le forze politiche a questo provvedimento. Con la risoluzione approvata deputati e senatori hanno preso atto delle nuove previsioni relative all’andamento dell’economia e di conseguenza anche di quelle sui conti pubblici. In particolare per quest’anno il rapporto deficit/Pil salirà fino al 2,4 per cento (0,6 in più di quanto stimato in precedenza). A questo disavanzo si aggiungeranno poi altri 8 miliardi circa necessari per il pagamento dei debiti alle imprese relativi a spese di investimento: si arriverà così al 2,9 per cento cioè alle soglie del limite imposto dal Trattato di Maastricht e che il governo, come confermato dal ministro del’Economia Grilli, ritiene «invalicabile». Restando al di sotto della soglia il nostro Paese potrà infatti uscire dalla procedura per deficit eccessivo a suo tempo avviata dalla commissione europea. Chiaramente questa scelta equivale all’azzeramento di ulteriori margini di manovra e quindi sulla carta, come ha segnalato il deputato Pier Paolo Baretta del Pd, comporta il rischio di una manovra corretiva, nel caso sia necessario reperire ulteriori risorse finanziarie.
PRECEDENZA ALLE IMPRESE
Nel testo del decreto è stata accettata la principale indicazione venuta dalle forze politiche, quella di dare la precedenza alle imprese. È stabilito quindi che vengano liquidate prima le fatture relativi a crediti non ceduti al sistema bancario, e che tra queste sia rispettato l’ordine cronologico. Gli importi disponibili sono quelli già annunciati, 20 miliardi quest’anno (di cui circa 7 subito) e 20 il prossimo. Nel dettaglio, rispettivamente 5 e 7 miliardi saranno disponibili nei due anni per debiti del servizio sanitario, 12 e 7 per quelli degli enti locali, e in totale 7 nel biennio per quanto dovuto dallo Stato centrale.
La procedura prevede che Comuni e Province comunichino le proprie necessità entro il prossimo 30 aprile. Nei 15 giorni successivi sarà quindi stabilita per ciascun ente la somma da escludere dal Patto di stabilità interno. Le amministrazioni che non hanno le risorse necessarie potranno chiedere allo Stato un’anticipazione di liquidità da rimborsare poi con un piano di ammortamento che potrà durare fino a 30 anni. Nel caso delle Regioni, quelle che sfruttano l’anticipo di cassa avranno la facoltà di applicare fin da quest’anno la maggiorazione dell’addizionale Irpef che invece sarebbe stata possibile dal 2014. Si passerebbe quindi da un +0,5 per cento rispetto all’aliquota base a un +1,1 per cento (e al 2,1 l’anno successivo). Resta da capire come questa novità si inserirebbe nelle norme sul federalismo fiscale, che nel loro disegno originario prevedevano un prelievo fiscale invariato per il contribuente, con la corrispondente riduzione dell’Irpef statale.
SANZIONI PER I FUNZIONARI
Il decreto poi cerca rendere effettivi i pagamenti anche con l’istituzione di sanzioni per i funzionari pubblici che non effettuano almeno il 90 per cento dei pagamenti previsti e per quelli che non provvedono alla registrazione dell’ente da cui dipendono sulla piattaforma elettronica per la registrazione dei crediti. Il Consiglio dei ministri potrebbe occuparsi anche del nodo Tares. I Comuni - per avere risorse sicure - chiedono lo slittamento del nuovo tributo al 2014 e l’applicazione di quelli vecchi, minacciando anche la mobilitazione. Oggi è previsto un incontro con l’esecutivo ma è ancora tutto da trovare il miliardo di euro necessario per la copertura.