PESCARA Crediti inesigibili, beni demaniali iscritti in bilancio a garanzia del nulla, carenza di liquidità delle società di gestione con il rischio del blocco delle attività. Una bomba che prima o poi doveva esplodere quella del Servizio idrico integrato regionale, perché ciò che tutti sapevano ma nessuno diceva ora è nelle carte dei commissari liquidatori degli Ato, i sei enti d'ambito ottimali abruzzesi che entro il primo luglio avrebbero dovuto passare la mano all'Ersi, l'Ente regionale per il servizio idrico integrato. Un ente pensato per razionalizzare i costi della politica e che oggi si scopre sommerso dai debiti (25 milioni di euro) ancora prima di nascere.
LA MOSSA A SORPRESA
Con una mossa a sorpresa, irrituale quanto clamorosa, è stato proprio il commissario incaricato, Pierluigi Caputi a parlare di situazione gravissima: «L'Ersi ha un problema esistenziale - ha detto ieri chiamando a raccolta i giornalisti -, se i soggetti gestori non danno delle risposte il sistema salta». Fuor di metafora Caputi, già commissario Ato dal 2009, ha detto di essere pronto a dimettersi entro domani se non dovessero arrivare le risposte attese, soprattutto dai Comuni che hanno in mano il destino delle società in house. Il principale ostacolo segnalato è quello dell'assoluta mancanza di una visione industriale dei problemi: «Il Consiglio regionale e la Giunta hanno fatto il loro dovere, ma se oggi ho deciso di rivolgermi all'opinione pubblica è perché non ho più interlocutori».
I PARTITI DELL’ACQUA
Da funzionario della Regione Caputi si guarda bene dall'emettere giudizi politici. Non spetta certo a lui fare cenno a quel «partito dell'acqua» noto a tutti, quello dei consigli di amministrazione e delle piante organiche delle società di gestione gonfiati da parenti e amici. Un partito trasversale, che nelle condotte idriche ha visto scorrere fiumi di denari in questi anni. «Ma così - ammonisce il commissario - il sistema salta. Le società devono fare chiarezza al loro interno e darsi un piano industriale. Serve una inversione di marcia».
Gran Sasso Acqua, Cam, Saca, Aca, Ruzzo Reti, Sasi, sono le sei società per azione a totale capitale pubblico che gestiscono il servizio idrico sotto il controllo degli Ato (e dei sindaci) . Caputi va subito al dunque: «Tranne rare eccezioni, come nel caso della Gran Sasso Acqua, queste società hanno in comune una serie di criticità rilevate nei bilanci 2011 che risultano poco trasparenti e affidabili».
In cifre il quadro è desolante: debiti complessivi pari a 300 milioni di euro, crediti per 200 milioni e ricavi totali pari a 145 milioni. Ma nei bilanci, secondo il rapporto dei commissari liquidatori degli Ato, sono impropriamente patrimonializzate le reti per oltre 300 milioni di euro, beni demaniali che come è noto non possono essere utilizzati a garanzia per i creditori. Ancora più nel dettaglio, la Cam spa ha accumulato debiti per 51 milioni di euro a fronte di 19 milioni di ricavi di produzione; la Ruzzo spa, 65 milioni di debiti e 36 di ricavi; l'Aca spa, 92 milioni di debiti e 43 di ricavi. L'altro paletto importante messo da Caputi riguarda l'eventualità di aumentare le tariffe del servizio idrico per mettere a posto i conti del nascente Ersi. Una ipotesi totalmente esclusa dal commissario: «Il costo delle bollette non può ricadere due volte sull'utenza».
IL RISCHIO DI PERDERE I FAS
Il vero rischio che si sta correndo è invece un altro a detta di Caputi: la possibilità di vedere sfumati i 75 milioni di investimenti e di fondi Fas destinati al Servizio idrico integrato della Regione. Un quadro confermato dagli interventi fermi o interrotti bruscamente per mancanza di copertura finanziaria da parte dei soggetti gestori, dalla Marsica all'Alto Sangro, alle opere destinate al disinquinamento del fiume Pescara, al rifacimento della ex condotta Fara San Martino-Lanciano. Una diga che ha rotto gli argini. Ma lo scricchiolio si avvertiva da tempo.