ROMA La prima rata della Tares si pagherà a maggio, ma sarà calcolata sulla base della vecchia tassa per lo smaltimento dei rifiuti. Il conguaglio con i 30 centesimi in più a metro quadro arriverà invece a dicembre ma lo pagheremo direttamente allo Stato e non tramite il Comune. A metà tra i due pagamenti ci sarà la rata di settembre che dovrebbe includere i nuovi parametri Tares sempre che, nel frattempo, non cambi tutto un’altra volta. A questo accordo di massima sono arrivati ieri il governo e i Comuni rappresentati dall’Anci, nel corso di una riunione che si è svolta a Palazzo Chigi. E di Tares si parlerà martedì prossimo al Senato quando l’aula si pronuncerà sulle mozioni presentate, non ultima quella del Pdl che insiste per l’abolizione, il rinvio al 2014 o una ridefinizione delle scadenze.
IL COMPROMESSO
Il punto di equilibrio trovato ieri mette fine ad un lungo tira e molla tra Comuni e governo. I primi a chiedere di far slittare al prossimo anno il tributo e soprattutto l’obbligo di copertura pari al 100% del costo del servizio. Il secondo a rifiutare lo slittamento che avrebbe aperto un buco di bilancio di 1 miliardo. A tanto infatti equivale la maggiorazione di 30 centesimi a metro quadro che va allo Stato. Qualcosa di simile al meccanismo già sperimentato per l’Imu.
La decisione di spostare da aprile a luglio l’entrata in vigore della Tares, presa in gennaio, ha finito per scontentare tutti. L’obiettivo del rinvio, infatti, era di lasciare al governo post-elezioni la responsabilità di decidere quando e se fare entrare in vigore il nuovo tributo, avversato tanto quanto l’Imu o giù di lì. Ma il confuso esito elettorale e il prolungarsi della crisi politica ha finito per lasciare a bocca asciutta i Comuni, in piena crisi di liquidità: le entrate della vecchia Tarsu-Tia che abitualmente arrivavano in aprile sono saltati e questo ha messo a rischio il pagamento del servizio di raccolta dei rifiuti con il rischio di fare piombare le città in piena emergenza.
L’intesa raggiunta ieri offre quindi una boccata d’ossigeno agli enti locali. Soddisfatto Graziano Delrio, presidente dell’Anci, che sottolinea come si sia evitato «un deficit di liquidità che avrebbe creato grossi problemi alle imprese locali della raccolta rifiuti». Un arcipelago stimato in circa 500 aziende.
I DETTAGLI
Molti aspetti, però, sono ancora da chiarire ed una nuova riunione tra Anci e ministero dell’Economia è prevista oggi. Ci vorrà probabilmente ancora qualche giorno per sapere come si articolerà la nuova imposta. Per esempio, non è ancora chiaro se verrà mantenuto, e come sarà applicato, l’obbligo di copertura del 100% dei costi del servizio.
Attualmente per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti vengono spesi 7 miliardi dalle amministrazioni locali. Le entrate derivanti da Tarsu-Tia arrivano a 6,1 miliardi. Rimane aperto l’interrogativo sui 900 milioni tuttora mancanti.
Altra questione è quella dell’addizionale di 30 centesimi (che i Comuni possono portare a 40 centesimi) e che serve a coprire i serivizi «indivisibili», cioè goduti dalla collettività e difficili da suddividere in base all’utilizzo individuale. Sono stimati 1 miliardo nella relazione tecnica allegata al decreto Salva-Italia. Ma questa stima convince poco i Comuni. «Siamo soddisfatti - precisa infatti Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno e responsabile Finanza locale dell’Anci - anche per aver evitato la cervellotica applicazione del meccanismo di perequazione sull’addizionale destinata allo Stato. Le stime del governo non ci convincono e non vorremmo ripetere l’esperienza dell’Imu che tanti guai ha comportato».
«La decisione di rinviare la maggiorazione legata alla Tares era indispnesabile», afferma il sindaco di Roma Alemanno mentre lo sfidante Paolo Gentiloni apprezza il rinvio che «evita una batosta fiscale pesantissima per famiglie e imprese romane, pari a circa 70 milioni». Il conto però arriverà a dicembre.