PESCARA Per la terza volta il nome dell’ex sindaco Luciano D’Alfonso torna in un’aula di giustizia accompagnato ancora da quello del suo ex braccio destro Guido Dezio e da tanti imprenditori pescaresi. Nell’aula 9 di fronte al giudice per l’udienza preliminare Gianluca Sarandrea ha fatto un passo in avanti, dopo tre anni di udienze preliminari bloccate a lungo dalla trascrizione delle intercettazione, la prima inchiesta che ha coinvolto l’ex sindaco: quella datata 2006, dedicata all’urbanistica e a una ventina di accordi di programma e in cui ieri, il pm Gennaro Varone, ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti i 19 imputati tra cui D’Alfonso, Dezio, gli imprenditori Michele D’Andrea, Franco Lamante, Lorenzo Di Properzio, Giovanni Di Vincenzo, Aldo Primavera ed Enio Chiavaroli. I reati si prescriveranno. La decisione sui rinvii a giudizio per i 19 accusati, a vario titolo, di corruzione e concussione arriverà stamattina: sette anni dopo le indagini, un lasso di tempo enorme che ridimensionerà l’inchiesta perché quasi tutti i reati di corruzione andranno in prescrizione tra settembre e ottobre di quest’anno. Così, quando anche l’urbanistica approdasse al dibattimento – sempre che la prima udienza venga fissata entro l’anno – sarà ormai un’inchiesta dimezzata. Il pm Varone insiste. Lo scorrere del tempo potrebbe andare in soccorso oppure essere di ostacolo al protagonista di questo fascicolo, l’ex sindaco di Pescara D’Alfonso, che dall’inizio dell’anno sta giocando la partita processuale legata a quella del politico in corsa per le regionali. L’11 febbraio l’ex sindaco di Pescara è uscito indenne, assolto insieme agli altri 24 imputati, dal processo più fastidioso e più importante, quello che lo vedeva accusato di presunte tangenti ai tempi del Comune. Ma il 28 marzo, oltre un mese dopo la sentenza di assoluzione, il giudice per l’udienza preliminare ha disposto per D’Alfonso il secondo rinvio a giudizio nell’inchiesta sulla strada Mare-Monti di Penne e, oggi, se la nuova richiesta del pm Varone verrà accolta D’Alfonso dovrà fronteggiare un altro processo che, anche se monco, si trascinerà fino alle elezioni regionali che si terranno a cavallo tra il 2013 e il 2014. Un altro intreccio tra politica e mattone. Ci sono imprenditori, ex dirigenti e consiglieri del Comune nel fascicolo aperto inizialmente dal pool formato da Pietro Mennini (oggi procuratore a Chieti) e i pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli e poi arrivato sulla scrivania di Varone. Sono una ventina gli accordi programma finiti nell’inchiesta affidata alla Squadra Mobile allora diretta da Nicola Zupo. A guidare gli investigatori è stata una «bussola», la «contabilità occulta» ritrovata in un cassetto di Dezio, un codice nel quale sarebbero stati annotati i nomi degli imprenditori accanto alla cifra della presunta tangente. Secondo la ricostruzione contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini che illustra gli episodi di presunta corruzione datati maggio-giugno 2006 – e che andranno in prescrizione a fine 2013 – Giovanni Di Vincenzo (il papà Dino era tra gli imputati ma è deceduto) avrebbero corrisposto a D’Alfonso 15 mila euro per l’accordo di programma per il parco Florida, per il quale l’ex sindaco avrebbe tra l’altro evitato di «imporre il vincolo espropriativo della variante dal Prg» pur trattandosi di un’area destinata a verde. Tra i costruttori ci sono anche i nomi di Aldo Primavera accusato di «aver comprato i voti favorevoli dei consiglieri Licio Di Biase, Giuseppe Bruno e Nicola Ferrara affinché sostenessero l’approvazione in consiglio di alcuni accordi di programma», tra cui quello nei pressi della pineta D’Avalos. Dice il pm che Primavera avrebbe «versato denaro ai consiglieri», la stessa accusa di corruzione che pende su Enio Chiavaroli sempre impegnato in «delicate operazioni economiche con il Comune di Pescara» e a cui Varone contesta ancora la corruzione: «Ha promesso e dato a D’Alfonso 5 mila euro». L’unico episodio di concussione – il reato che invece si prescrive in tempi più lunghi, in 10 anni – è contestato solo a D’Alfonso. Per il pm l’ex sindaco avrebbe «indotto il costruttore Primavera, interessato ad ottenere edificabili alcuni terreni, a versare a sè o a terzi denaro e utilità patrimoniali facendo credere a Primavera che le dazioni avrebbero avuto come corrispettivo l’adozione di provvedimenti amministrativi favorevoli».